il papa incontra degli scienziati

Giovanni Paolo II e Galileo

una piena riabilitazione

«Una tragica reciproca incomprensione è stata interpretata come il riflesso di una opposizione costitutiva tra scienza e fede.
Le chiarificazioni apportate dai recenti studi storici ci permettono di affermare che tale doloroso malinteso appartiene ormai al passato.»

Giovanni Paolo II nel 1979

Allocuzione del 10 novembre 1979

«Signor Presidente! Ella nel Suo discorso ha detto giustamente che Galileo e Einstein hanno caratterizzato un'epoca. La grandezza di Galileo è a tutti nota, come quella di Einstein; ma a differenza di questi che oggi onoriamo di fronte al Collegio cardinalizio nel nostro palazzo apostolico, il primo ebbe molto a soffrire - non possiamo nasconderlo - da parte di uomini e organismi di Chiesa. Il Concilio Vaticano II ha riconosciuto e deplorato certi indebiti interventi: "Ci sia concesso di deplorare - è scritto al n. 36 della Costituzione conciliare Gaudium et spes - certi atteggiamenti mentali, che talvolta non mancarono nemmeno tra i cristiani, derivati dal non avere sufficientemente percepito la legittima autonomia della scienza, e che, suscitando contese e controversie, trascinarono molti spiriti a tal punto da ritenere che scienza e fede si oppongano tra loro;. Il riferimento a Galileo è reso esplicito dalla nota aggiunta, che cita il volume Vita e opere di Galileo Galilei di Mons. Paschini, edito dalla Pontificia Accademia delle Scienze.

A ulteriore sviluppo di quella presa di posizione del Concilio, io auspico che teologi, scienziati e storici, animati da uno spirito di sincera collaborazione, approfondiscano l'esame del caso Galileo e, nel leale riconoscimento dei torti, da qualunque parte provengano, rimuovano le diffidenze che quel caso tuttora frappone, nella mente di molti, alla fruttuosa concordia tra scienza e fede, tra Chiesa e mondo. A questo compito, che potrà onorare la verità della fede e della scienza, e dischiudere la porta a future collaborazioni, io assicuro tutto il mio appoggio.

Mi sia lecito, Signori, offrire alla loro attenta considerazione e meditata riflessione, alcuni punti che mi appaiono importanti per collocare nella sua vera luce il caso Galileo, nel quale le concordanze tra religione e scienza sono più numerose, e soprattutto più importanti, delle incomprensioni che hanno causato l'aspro e doloroso conflitto che si è trascinato nei secoli successivi.

Colui che è chiamato a buon diritto il fondatore della fisica moderna, ha dichiarato esplicitamente che le due verità, di fede e di scienza, non possono mai contrariarsi "procedendo di pari dal Verbo divino la Scrittura sacra e la natura, quella come dettatura dello Spirito Santo, e questa come osservantissima esecutrice degli ordini di Dio; come scrive nella lettera al Padre Benedetto Castelli il 21 dicembre 1613 (Edizione nazionale delle opere di Galileo, Vol. V, pp. 282-285). Non diversamente, anzi con parole simili, insegna il Concilio Vaticano II: "La ricerca metodica di ogni disciplina, se procede in maniera veramente scientifica e secondo le norme morali, non sarà mai in reale contrasto con la fede, perché le realtà della fede hanno origine dal medesimo Iddio;. (Gaudium et spes, n. 36)

Galileo sente nella sua ricerca scientifica la presenza del Creatore che lo stimola, che previene e aiuta le sue intuizioni, operando nel profondo del suo spirito. A proposito della invenzione del cannocchiale, egli scrive all'inizio del Sidereus Nuncius, rammentando alcune sue scoperte astronomiche: "Quae omnia ope Perspicilli a me excogitati divina prius illuminante gratia, paucis abhinc diebus reperta, atque observata fuerunt; (Sidereus Nuncius, Venetiis, apud Thomam Baglionum, MDCX, fol. 4). "Tutte queste cose sono state scoperte e osservate in questi ultimi giorni per mezzo del telescopio escogitato da me, in precedenza illuminato dalla grazia divina;.

La confessione galileiana della illuminazione divina nella mente dello scienziato trova riscontro nella già citata Costituzione conciliare della Chiesa nel mondo contemporaneo: "Chi si sforza con umiltà e con perseveranza di scandagliare i segreti della realtà, anche senza avvertirlo viene condotto dalla mano di Dio; (l. c.). L'umiltà richiamata dal testo conciliare è una virtù dello spirito necessaria tanto per la ricerca scientifica, quanto per l'adesione alla fede. L'umiltà crea un clima favorevole al dialogo tra il credente e lo scienziato e richiama l'illuminazione di Dio, già conosciuto e ancora ignoto, ma tuttavia amato, sia nell'un caso sia nell'altro, da chi umilmente ricerca la verità.

Galileo ha enunciato delle importanti norme di carattere epistemologico indispensabili per accordare la Sacra Scrittura con la scienza. Nella lettera alla Granduchessa Madre di Toscana, Cristina di Lorena, Galileo riafferma la verità della Scrittura: "non poter mai la Sacra Scrittura mentire, tutta volta che sia penetrato il suo vero sentimento, il quale non credo che si possa negare essere molte volte recondito e molto diverso da quello che suona il puro significato delle parole; (Ed. naz. delle opere di Galileo, Vol. V, pag. 315). Galileo introduce il principio di una interpretazione dei libri sacri, al di là anche del senso letterale, ma conforme all'intento e al tipo di esposizione propri di ognuno di essi. è necessario, come egli afferma, che "i saggi espositori ne produchino i veri sensi;.

La pluralità delle regole di interpretazione della Sacra Scrittura trova consenziente il magistero ecclesiastico, che espressamente insegna, con l'enciclica Divino afflante Spiritu di Pio XII, la presenza di diversi generi letterari nei libri sacri e quindi la necessità di interpretazioni conformi al carattere di ognuno di essi.

Le varie concordanze che ho rammentato non risolvono da sole tutti i problemi del caso Galileo, ma cooperano a creare una premessa favorevole per una loro onorevole soluzione, uno stato d'animo propizio alla composizione onesta e leale dei vecchi contrasti.

L'esistenza di questa Pontificia Accademia delle Scienze, di cui nella sua più antica ascendenza fu socio Galileo e di cui oggi fanno parte eminenti scienziati, senza alcuna forma di discriminazione etnica o religiosa, è un segno visibile, elevato tra i popoli, dell'armonia profonda che pur esistere tra le verità della scienza e le verità della fede.»

Il Card. Poupard nel 1992

una ricerca interdisciplinare - 31 ottobre 1992

«Santo Padre, Sono passati già tredici anni da quando, nel ricevere la Pontificia Accademia delle Scienze, in questa stessa Sala Regia, per il 10 Centenario di Albert Einstein, Lei riportava l'attenzione del mondo della cultura e della scienza su un altro scienziato, Galileo Galilei (1).

1. Lei auspicava che fosse intrapresa una ricerca interdisciplinare sui difficili rapporti di Galileo con la Chiesa. E ha istituito, il 3 luglio 1981, una Commissione Pontificia per lo studio della controversia tolemaico-copernicana del XVI e del XVII secolo, nella quale il caso Galileo si inserisce (2), affidando il coordinamento delle ricerche al Cardinal Garrone. Mi avete chiesto di fare un resoconto. Questa Commissione era costituita da quattro gruppi di lavoro, di cui erano responsabili: Sua Eminenza il Cardinale Carlo Maria Martini, per la sezione esegetica; io stesso per la sezione culturale; il Professor Carlos Chagas e il R.P. George Coyne per la sezione scientifica ed epistemologica; Monsignor Michele Maccarrone per le questioni storiche e giuridiche; il R.P. Enrico di Rovasenda, segretario. Scopo di questi gruppi di lavoro doveva essere quello di rispondere alle aspettative del mondo della scienza e della cultura riguardo alla questione di Galileo, di ripensare interamente tale questione in piena fedeltà ai fatti stabiliti storicamente e in conformità alle dottrine e alla cultura del tempo e di riconoscere lealmente nello spirito del Concilio Ecumenico Vaticano II, i torti e le ragioni, da qualsiasi parte essi provenissero. Non si trattava di rivedere un processo, ma di intraprendere una riflessione serena e obiettiva, tenendo conto della congiuntura storico-culturale. L'inchiesta è stata ampia, esaustiva, e condotta in ognuno dei campi interessati. E l'insieme degli studi, delle memorie e delle pubblicazioni della Commissione hanno suscitato inoltre numerosi lavori in ambiti diversi.

2. La Commissione si è posta tre questioni: Che cosa è successo? Come è successo? perché i fatti si sono svolti in tale modo? A queste tre questioni le risposte basate sull'esame critico dei testi mettono in luce vari punti importanti. L' edizione critica dei documenti e in particolare di quelli provenienti dall' Archivio Segreto Vaticano permette di consultare facilmente e con tutte le garanzie auspicabili il dossier completo dei due processi e in particolare i resoconti dettagliati degli interrogatori ai quali Galileo fu sottoposto (3). La pubblicazione della dichiarazione del Cardinale Bellarmino a Galileo, insieme a quella di altri documenti, illumina l'orizzonte intellettuale di questo personaggio-chiave di tutta la questione (4). La redazione e la pubblicazione di una serie di studi hanno messo in luce il contesto culturale, filosofico e teologico del XVII secolo (5), e una migliore comprensione delle prese di posizione di Galileo rispetto ai decreti del Concilio di Trento (6), e agli orientamenti esegetici del suo tempo (7), rendendo possibile una valutazione equilibrata dell' immensa letteratura dedicata a Galileo, dal secolo dei lumi ai giorni nostri (8). In una lettera del 12 aprile 1615 indirizzata a Paolo Antonio Foscarini, il Cardinal Roberto Bellarmino aveva già esposto le due vere questioni sollevate dal sistema di Copernico: l'astronomia copernicana è vera nel senso che si fonda su prove reali e verificabili o invece si basa soltanto su congetture e apparenze? Le tesi copernicane sono compatibili con gli enunciati della Sacra Scrittura? Secondo Roberto Bellarmino, finchi non ci fossero state prove della rotazione della Terra intorno al Sole, bisognava interpretare con molta circospezione i passi della Bibbia che dichiaravano la Terra immobile. Se mai la rotazione terrestre fosse stata dimostrata come certa, allora i teologi avrebbero dovuto, secondo lui, rivedere le loro interpretazioni dei passi della Bibbia apparentemente in contrasto con le nuove teorie copernicane, in modo da non considerare false le opinioni la cui veridicità fosse stata provata: "... Dico che quando ci fusse vera demostratione che il sole stia nel centro del mondo e la terra nel 30 cielo, e che il sole non circonda la terra, ma la terra circonda il sole, allhora bisogneria andar con molta consideratione in esplicare le Scritture che paiono contrarie, e più tosto dire che non l' intendiamo, che dire che sia falso quello che si dimostra; (9).

3. Infatti Galileo non era riuscito a provare in maniera inconfutabile il doppio moto della Terra, la sua orbita annuale intorno al sole e la sua rotazione giornaliera intorno all' asse dei poli, mentre aveva la convinzione di averne trovata la prova nelle maree oceaniche, delle quali soltanto Newton doveva dimostrare la vera origine. Galileo propose un altro abbozzo di prova nell' esistenza dei venti alisei, ma nessuno aveva in quell'epoca le conoscenze indispensabili per ricavarne i chiarimenti necessari. Ci vollero più di 150 anni ancora per trovare le prove ottiche e meccaniche del moto della Terra. Da parte loro, gli avversari di Galileo non hanno, né prima né dopo di lui, scoperto nulla che potesse costituire una confutazione convincente dell'astronomia copernicana. I fatti si imposero e fecero presto apparire il carattere relativo della sentenza pronunciata nel 1633. Questa non aveva un carattere irriformabile. Nel 1741, di fronte alla prova ottica della rotazione della Terra intorno al Sole, Benedetto XIV fece concedere dal SantUffizio l'"imprimatur; alla prima edizione delle Opere complete di Galileo.

4. Questa implicita riforma della sentenza del 1633 si esprime nel decreto della Sacra Congregazione dell' Indice che ritirava dall' edizione del 1757 del Catalogo dei Libri Proibiti le opere in favore della teoria eliocentrica. Di fatto, nonostante tale decreto, numerosi furono coloro che continuarono ad essere restii ad ammettere la nuova interpretazione. Nel 1820, il canonico Settele, professore all' Università di Roma "La Sapienza;, si apprestava a pubblicare i suoi Elementi di ottica e di astronomia. Egli si scontrò col rifiuto di Padre Anfossi, Maestro del Sacro Palazzo, di concedergli l'"Imprimatur;. Questo incidente diede l'impressione che la sentenza del 1633 fosse rimasta irriformata perché irriformabile. l'autore ingiustamente censurato si appellò a Papa Pio VII, dal quale ricevette nel 1822 una sentenza favorevole. Fatto decisivo, Padre Olivieri già Maestro Generale dei Frati Predicatori e Commissario del Sant'Uffizio redasse una relazione favorevole alla concessione dell' "imprimatur; alle opere che esponevano l'astronomia copernicana come una tesi, e non più soltanto come un'ipotesi (10). La decisione pontificia doveva trovare la sua attuazione pratica nel 1846 all' epoca della pubblicazione di un nuovo Indice aggiornato dei libri proibiti (11).

5. In conclusione, la rilettura dei documenti d' archivio lo dimostra ancora una volta: tutti gli attori di un processo, senza eccezioni, hanno diritto al beneficio della buona fede, in assenza di documenti extraprocessuali contrari. Le qualifiche filosofiche e teologiche abusivamente attribuite alle teorie nuove per allora sulla centralità del sole e la mobilità della terra furono conseguenza di una situazione di transizione nell'ambito delle conoscenze astronomiche, e di una confusione esegetica riguardo alla cosmologia. Eredi della concezione unitaria del mondo, che si impose universalmente fino all'alba del XVII secolo, alcuni teologi contemporanei di Galileo non hanno saputo interpretare il significato profondo, non letterale, delle Scritture, quando queste descrivono la struttura fisica dell'universo creato, fatto che li condusse a trasporre indebitamente una questione di osservazione fattuale nel campo della fede. è in questa congiuntura storico-culturale, ben lontana dal nostro tempo, che i giudici di Galileo, incapaci di dissociare la fede da una cosmologia millenaria credettero a torto che l'adozione della rivoluzione copernicana, peraltro non ancora definitivamente provata, fosse tale da far vacillare la tradizione cattolica e che era loro dovere il proibirne l'insegnamento. Questo errore soggettivo di giudizio, cosi chiaro per noi oggi, li condusse ad adottare un provvedimento disciplinare di cui Galileo "ebbe molto a soffrire;. Bisogna riconoscere questi torti con lealtà, come ha chiesto Vostra Santità. Questi sono i frutti dell' inchiesta interdisciplinare che ella ha chiesto alla Commissione di intraprendere. Tutti i suoi membri, attraverso di me, la ringraziano dell' onore e della fiducia che ha dimostrato nel lasciar loro ogni possibilità di esplorare, ricercare e pubblicare, nella totale libertà che gli studi scientifici richiedono.

Voglia Vostra Santità gradirne il fervente e filiale omaggio.»

Note

1. Discorso di Papa Giovanni Paolo II alla Pontificia Accademia delle Scienze, 10 novembre 1979, in AAS, t. LXXI 1979, pagg. 1464-1465

2. Cfr. Edizione Nazionale delle Opere di Galileo Galilei, dir. Antonio Favaro, Firenze, Giunti Barbera, 1890-1909; ristampa, 1929-1939. 20 vol. Cfr. Mons. Pio Paschini, Vita e Opere di Galileo Galilei, 2 vol., Lev, 1964, citato in Gaudium et spes, I Parte, Cap. 3, n. 36, Giusta autonomia delle realtà temporali, nota 7.

3. I Documenti del Processo di Galileo Galilei, a cura di P. Sergio M. Pagano, Pontificiae Academiae Scientiarum Scripta Varia 53, Città del Vaticano 1984. Cfr. M. DAddio, Considerazioni sui processi a Galileo, Quaderni della Rivista di Storia della Chiesa in Italia n. 8 Roma, Herder Editrice et Libreria, 1985.

Giovanni Paolo II nel 1992

Discorso di Giovanni Paolo II alla Pontificia Accademia delle Scienze 31 ottobre 1992:
Nessuna opposizione tra scienza e fede.

«4. Ero mosso da simili preoccupazioni, il 10 novembre 1979 in occasione della celebrazione del primo centenario della nascita di Albert Einstein, quando espressi davanti a questa medesima Accademia l'auspicio che "dei teologi, degli scienziati e degli storici, animati da spirito di sincera collaborazione, approfondissero l'esame del caso Galileo e, in un riconoscimento leale dei torti da qualunque parte essi venissero, facessero scomparire la sfiducia che questo caso ancora oppone, in molti spiriti, ad una fruttuosa concordia tra scienza e fede; (AAS 71, 1979, pp. 1464-1465). Una commissione di studio è stata costituita a tal fine il 3 luglio 1981. Ed ora, nell'anno stesso in cui si celebra il 3500 anniversario della morte di Galileo, la Commissione presenta, a conclusione dei suoi lavori, un complesso di pubblicazioni che apprezzo vivamente. Desidero esprimere la mia sincera riconoscenza al Cardinale Poupard incaricato di coordinare le ricerche della Commissione nella fase conclusiva. A tutti gli esperti che hanno partecipato in qualche modo ai lavori dei quattro gruppi da cui è stato condotto questo studio pluridisciplinare, dico la mia profonda soddisfazione e la mia viva gratitudine. Il lavoro svolto per oltre dieci anni risponde ad un orientamento suggerito dal Concilio Vaticano II e permette di porre meglio in luce vari punti importanti della questione. In avvenire, non si potrà non tener conto delle conclusioni della commissione. Ci si meraviglierà forse che (...) io ritorni sul caso Galileo. Non è questo caso archiviato da tempo e gli errori commessi non sono stati riconosciuti? Certo, questo è vero. Tuttavia, i problemi soggiacenti a quel caso toccano la natura della scienza come quella del messaggio della fede. Non è dunque da escludere che ci si trovi un giorno davanti ad una situazione analoga, che richiederà agli uni e agli altri una coscienza consapevole del campo e dei limiti delle rispettive competenze. (...)

5. Una doppia questione sta al cuore del dibattito di cui Galileo fu al centro. La prima è di ordine epistemologico e concerne l'ermeneutica biblica. A tal proposito, sono da rilevare due punti. Anzitutto, come la maggior parte dei suoi avversari Galileo non fa distinzione tra quello che è l'approccio scientifico ai fenomeni naturali e la riflessione sulla natura di ordine filosofico, che esso generalmente richiama. è per questo che egli rifiutò il suggerimento che gli era stato dato di presentare come un'ipotesi il sistema di Copernico, fin tanto che esso non fosse confermato da prove irrefutabili. Era quella, peraltro, un'esigenza del metodo sperimentale di cui egli fu il geniale iniziatore. Inoltre, la rappresentazione geocentrica del mondo era comunemente accettata nella cultura del tempo come pienamente concorde con l'insegnamento della Bibbia, nella quale alcune espressioni, prese alla lettera, sembravano costituire delle affermazioni di geocentrismo. Il problema che si posero dunque i teologi dell'epoca era quello della compatibilità dell'eliocentrismo e della Scrittura. Così la scienza nuova, con i suoi metodi e la libertà di ricerca che essi suppongono, obbligava i teologi ad interrogarsi sul loro criterio di interpretazione della Scrittura. La maggior parte non seppe farlo. Paradossalmente, Galileo, sincero credente, si mostrò su questo punto più perspicace dei suoi avversari teologi. "Se bene la Scrittura non può errare, scrive a Benedetto Castelli, potrebbe nondimeno talvolta errare alcuno de suoi interpreti ed espositori, in vari modi; (Lettera del 21 dicembre 1613, in Edizione nazionale delle Opere di Galileo Galilei dir. A. FAVARO, riedizione del 1968, vol. V, p. 282). Si conosce anche la sua lettera a Cristina di Lorena (1615) che è come un piccolo trattato di ermeneutica biblica (ivi, pp. 307-348).

6. Possiamo già qui formulare una prima conclusione. L'irruzione di una nuova maniera di affrontare lo studio dei fenomeni naturali impone una chiarificazione dell'insieme delle discipline del sapere. Essa le obbliga a delimitare meglio il loro campo proprio, il loro angolo di approccio, i loro metodi, così come l'esatta portata delle loro conclusioni. In altri termini, questa novità obbliga ciascuna delle discipline a prendere una coscienza più rigorosa della propria natura. Il capovolgimento provocato dal sistema di Copernico ha cosi richiesto uno sforzo di riflessione epistemologica sulle scienze bibliche, sforzo che doveva portare più tardi frutti abbondanti nei lavori esegetici moderni e che ha trovato nella Costituzione conciliare Dei Verbum una consacrazione ed un nuovo impulso.

7. La crisi che ho appena evocato non è il solo fattore ad aver avuto delle ripercussioni sull'interpretazione della Bibbia. Noi tocchiamo qui il secondo aspetto del problema, l'aspetto pastorale. In virtù della missione che le è propria la Chiesa ha il dovere di essere attenta alle incidenze pastorali della sua parola. Sia chiaro anzitutto che questa parola deve corrispondere alla verità. Ma si tratta di sapere come prendere in considerazione un dato scientifico nuovo quando esso sembra contraddire delle verità di fede. Il giudizio pastorale che richiedeva la teoria copernicana era difficile da esprimere nella misura in cui il geocentrismo sembrava far parte dell'insegnamento stesso della Scrittura. Sarebbe stato necessario contemporaneamente vincere delle abitudini di pensiero ed inventare una pedagogia capace di illuminare il popolo di Dio. Diciamo in maniera generale che il pastore deve mostrarsi pronto ad un'autentica audacia evitando il duplice scoglio dell'atteggiamento incerto e del giudizio affrettato potendo l'uno e l'altro fare molto male.

8. Può essere qui evocata una crisi analoga a quella di cui parliamo. Nel secolo scorso ed all'inizio del nostro, il progresso delle scienze storiche ha permesso di acquisire nuove conoscenze sulla Bibbia e sull'ambiente biblico. Il contesto razionalista nel quale, per lo più, le acquisizioni erano presentate, poti farle apparire rovinose per la fede cristiana. Certuni, preoccupati di difendere la fede, pensarono che si dovessero rigettare conclusioni storiche seriamente fondate. Fu quella una decisione affrettata ed infelice. L'opera di un pioniere come il Padre Lagrange ha saputo operare i necessari discernimenti sulla base di criteri sicuri. Bisogna ripetere qui ciò che ho detto sopra. è un dovere per i teologi tenersi regolarmente informati sulle acquisizioni scientifiche per esaminare, all'occorrenza, se è il caso o meno di tenerne conto nella loro riflessione o di operare delle revisioni nel loro insegnamento.

9. Se la cultura contemporanea è segnata da una tendenza allo scientismo, l'orizzonte culturale dell'epoca di Galileo era unitario e recava l'impronta di una formazione filosofica particolare. Questo carattere unitario della cultura, che è in si positivo ed auspicabile ancor oggi, fu una delle cause della condanna di Galileo. La maggioranza dei teologi non percepiva la distinzione formale tra la Sacra Scrittura e la sua interpretazione, il che li condusse a trasporre indebitamente nel campo della dottrina della fede una questione di fatto appartenente alla ricerca scientifica. In realtà, come ha ricordato il Cardinal Poupard, Roberto Bellarmino, che aveva percepito la vera posta in gioco del dibattito, riteneva da parte sua che, davanti ad eventuali prove scientifiche dell'orbita della terra intorno al sole si dovesse "andar con molta consideratione in esplicare le Scritture che paiono contrarie; alla mobilità della terra e "più tosto dire che non l'intendiamo, che dire che sia falso quello che si dimostra; (Lettera al Padre A. Foscarini, 12 aprile 1615, cfr. op. cit., vol. XII, p. 172). Prima di lui, la stessa saggezza e lo stesso rispetto della Parola divina avevano già guidato sant'Agostino a scrivere: "Se ad una ragione evidentissima e sicura si cercasse di contrapporre l'autorità delle Sacre Scritture, chi fa questo non comprende e oppone alla verità non il senso genuino delle Scritture, che non è riuscito a penetrare, ma il proprio pensiero, vale a dire non ciò che ha trovato nelle Scritture, ma ciò che ha trovato in se stesso, come se fosse in esse; (Epistula 143, n. 7; PL 33, col 588). Un secolo fa, il Papa Leone XIII faceva eco a questo pensiero nella sua enciclica Providentissimus Deus: "Poiché il vero non può in alcun modo contraddire il vero, si può esser certi che un errore si è insinuato o nell'interpretazione delle parole sacre o in un altro luogo della discussione; (Leonis XIII Pont. Max. Acta, vol. XIII, 1894, p. 361). Il Cardinal Poupard ci ha ugualmente ricordato come la sentenza del 1633 non fosse irreformabile e come il dibattito, che non aveva cessato di evolvere, sia stato chiuso nel 1820 con l'imprimatur concesso all'opera del canonico Settele (cf. Pontificia Academia Scientiarum, Copernico, Galilei e la Chiesa. Fine della controversia (1820). Gli atti del Sant'Ufficio, a cura di W. Brandmuller e E. J. Greipl, Firenze, Olschki, 1992).

10. A partire dal secolo dei Lumi fino ai nostri giorni, il caso Galileo ha costituito una sorta di mito, nel quale l'immagine degli avvenimenti che ci si era costruita era abbastanza lontana dalla realtà. In tale prospettiva il caso Galileo era il simbolo del preteso rifiuto, da parte della Chiesa, del progresso scientifico, oppure dell'oscurantismo "dogmatico; opposto alla libera ricerca della verità. Questo mito ha giocato un ruolo culturale considerevole; esso ha contribuito ad ancorare parecchi uomini di scienza in buona fede all'idea che ci fosse incompatibilità tra lo spirito della scienza e la sua etica di ricerca, da un lato, e la fede cristiana, dall'altro. Una tragica reciproca incomprensione è stata interpretata come il riflesso di una opposizione costitutiva tra scienza e fede. Le chiarificazioni apportate dai recenti studi storici ci permettono di affermare che tale doloroso malinteso appartiene ormai al passato.

11. Dal caso Galileo si può trarre un insegnamento che resta d'attualità in rapporto ad analoghe situazioni che si presentano oggi e possono presentarsi in futuro. Al tempo di Galileo, era inconcepibile rappresentarsi un mondo che fosse sprovvisto di un punto di riferimento fisico assoluto. E siccome il cosmo allora conosciuto era, per così dire, contenuto nel solo sistema solare non si poteva situare questo punto di riferimento che sulla terra o sul sole. Oggi, dopo Einstein e nella prospettiva della cosmologia contemporanea, nessuno di questi due punti di riferimento riveste l'importanza che aveva allora. Questa osservazione, è ovvio, non concerne la validità della posizione di Galileo nel dibattito; intende piuttosto indicare che spesso, al di là di due visioni parziali e contrastanti, esiste una visione più larga che entrambe le include e le supera.

12. Un altro insegnamento che si trae è il fatto che le diverse discipline del sapere richiedono una diversità di metodi. Galileo, che ha praticamente inventato il metodo sperimentale, aveva compreso, grazie alla sua intuizione di fisico geniale e appoggiandosi a diversi argomenti, perché mai soltanto il sole potesse avere funzione di centro del mondo, così come allora era conosciuto, cioè come sistema planetario. L'errore dei teologi del tempo, nel sostenere la centralità della terra fu quello di pensare che la nostra conoscenza della struttura del mondo fisico fosse, in certo qual modo, imposta dal senso letterale della S. Scrittura. Ma è doveroso ricordare la celebre sentenza attribuita a Baronio: "Spiritui Sancto mentem fuisse nos docere quomodo ad coelum eatur, non quomodo coelum gradiatur;. In realtà, la Scrittura non si occupa dei dettagli del mondo fisico, la cui conoscenza è affidata all'esperienza e ai ragionamenti umani. Esistono due campi del sapere, quello che ha la sua fonte nella Rivelazione e quello che la ragione può scoprire con le sole sue forze. A quest'ultimo appartengono le scienze sperimentali e la filosofia. La distinzione tra i due campi del sapere non deve essere intesa come una opposizione. I due settori non sono del tutto estranei l'uno all'altro, ma hanno punti di incontro. Le metodologie proprie di ciascuno permettono di mettere in evidenza aspetti diversi della realtà.»