lettera da Fronte del Porto

Tarek

Tarek è un ragazzo di sedici anni, che frequenta la terza liceo. è nato in Italia, ma è di origine marocchina. La sua famiglia è musulmana. Ha iniziato a frequentare l’associazione Fronte del Porto circa due anni fa, perché aveva difficoltà in matematica e fisica. Ecco quello che scrive:

«Ho conosciuto Fronte del Porto grazie a un professore di religione, il quale mi ha consigliato di frequentarlo. Mia madre, che allora era stressata e disperata per la mia situazione scolastica, ha iniziato a contattare più volte il professore dirigente di questa associazione fino a quando finalmente, nel gennaio 2014, ho iniziato a fare le ore di ripetizione presso il centro. Non ho fatto fatica ad ambientarmi, perché quando ho iniziato questa nuova realtà, non solo ho iniziato a prendere buoni voti a scuola, ma anche perché ho conosciuto nuove persone con cui ho potuto confrontarmi e dalle quali ho cercato di ricevere qualcosa e di ricambiare. Con gli adulti è nato un rapporto amichevole, ma anche di scambio culturale, infatti mi è capitato in certe occasioni di condividere dolci marocchini, preparati da mia madre, con alcuni membri dell’associazione. Con i ragazzi della mia età ho un buon rapporto: ridiamo, scherziamo e cerchiamo di aiutarci a vicenda. Ho legato con loro anche grazie ad altre attività di Fronte del Porto, ad esempio con le gite in montagna, durante le quali abbiamo camminato, riso, scherzato e persino cantato. Un'altra attività proposta dall’associazione a cui ho partecipato è quella del Banco alimentare, che per me è stata la prima volta; mi è piaciuta molto perché hanno partecipato tanti miei amici e ci siamo divertiti e ho capito che è una iniziativa molto utile».

La madre di Tarek si chiama Laila. è venuta dal Marocco nel 1997. Dopo i primi corsi di alfabetizzazione, si è inserita bene nel mondo del lavoro, ma purtroppo negli ultimi anni ha incontrato delle difficoltà nella sua esperienza italiana. Scrive:

«Negli ultimi anni, dopo aver iniziato a frequentare Fronte del Porto, Tarek è diventato più tranquillo, più sicuro di sé ed è maturato un po’. Ho iniziato ad avere informazioni sull'associazione tramite il professore di religione di mio figlio ed oltretutto ero disperata per la situazione scolastica di mio figlio. Con il passare del tempo, giorno dopo giorno, mi sono avvicinata all’associazione Fronte del Porto fino a quando il direttore, il professor Agostino Fiorello, mi ha proposto di diventare una volontaria dell’associazione prestando aiuto per la segreteria del giovedì pomeriggio. Ho un buon rapporto con altri membri dell’associazione, con i quali ho legato molto, soprattutto con le “ colleghe” segretarie, ma anche con i ragazzi che ho imparato a conoscere ed è stata anche un’occasione di scambio culturale. Per me è stata e sarà ancora una bella esperienza. Nonostante le differenze culturali e religiose, il buon rapporto che si è creato è dovuto alla sincerità, alla semplicità e anche allo scambio culturale. Un’esperienza di questo genere insegna alla città e alla vita di tutti noi che si può convivere normalmente, nonostante le diversità religiose e culturali, in questo periodo critico della convivenza tra culture diverse».

aiuto allo studio

Il mercoledì pomeriggio si svolge a Fronte del Porto lo “studio libero”, durante il quale i ragazzi studiano o individualmente o insieme ai compagni di classe che invitano. Alle 16.30, per chi vuole, proponiamo di leggere insieme un libro sotto la giuda del professor Corrado Bagnoli, poeta e scrittore. In queste settimane, abbiamo terminato la lettura del romanzo di Alessandro D’Avenia Ciò che inferno non è e abbiamo chiesto ai ragazzi che hanno partecipato, circa una ventina, di mettere per iscritto ciò che il libro ha consegnato loro. Qui, quanto Tarek ha scritto:

«Tutto è porto. Mi piace ricordare così il libro, perché secondo me è la definizione del racconto. Tutto è porto perché in questo libro ho raccolto “la merce” che mi serve. Per merce si intende ovviamente il dono che ho ricevuto, ovvero: vivere è amare ciò che si ha, apprezzare tutto ciò che si ha e, se possibile, dare o fare il possibile per il prossimo. Oltretutto il libro mi è piaciuto per l’ambientazione, ovvero per la città di Palermo che come viene descritta mi ricorda molto le città arabe del mio Paese. Il fatto che mi ha colpito di più del libro è il momento in cui don Pino Puglisi, prima di essere ucciso dai due mafiosi, dice che se lo era aspettato; ma la cosa particolare che mi colpisce di più di questo fatto è il sorriso che mostra sul viso anche da morto. Questo avvenimento rimane talmente impresso nella mente ad uno dei due assassini, a tal punto da farsi consegnare alla polizia. Il personaggio che mi è piaciuto di più è don Pino, perché è lui che insegna alle persone ad amare, che secondo me è il dono più bello che si possa ricevere. Come dice don Pino: se si mette un po’ d’amore, si può sopravvivere nell’inferno».

Mohammad

Mohammad è un ragazzo di terza liceo scientifico che ho in classe e ha iniziato a frequentare Fronte del Porto da poche settimane. L’anno scorso ha avuto dei rapporti un po’ turbolenti con i compagni di classe. Quest’anno, quando ho proposto in classe il sostegno a distanza di una ragazza della scuola Cardinal Otunga di Nairobi, tramite Avsi e ho chiesto chi, liberamente, se la sentisse di versare la quota, Mohammad non ha aderito. Mercoledì 26 novembre, al pomeriggio, ho invitato i miei alunni a fermarsi a scuola per incontrare Antonino Masuri, che lavora a Nairobi per Avsi, e che ci ha raccontato del lavoro che sta svolgendo in Africa. Il giorno dopo, entrata in classe, alcuni ragazzi mi hanno rivolto delle domande sull’incontro con Masuri; a un certo punto Mohammad è intervenuto dicendo: «Prof, anch’io voglio partecipare, aggiunga anche me per il sostegno a distanza». Ora Mohammad, che conosce bene l’inglese, ci sta aiutando a tenere la corrispondenza con il preside della scuola di Nairobi.
Questo piccolo episodio mi ha fatto capire due cose: primo, che il cuore dell’uomo è uguale per tutti e perciò sa riconoscere e rispondere al bene che incontra; secondo, che la speranza per ciascuno di noi è che questo bene sia qualcosa che, pur piccolo, è in atto già da ora.

Antonia, Desio

Tratto da Tracce, gen. 2016.