Lo sterminio degli ebrei non è unico, dice lo storico tedesco. Che ha anche qualche dubbio sulla guerra del Kossovo.

Ernst Nolte, 76 anni, allievo di Martin Heidegger, è lo storico tedesco che fra i primi ha studiato insieme le due grandi ideologie di massa del XX secolo; comunismo e fascismo. Ne ha esplorato il rapporto di opposizione ma anche di affinità. Così, dal suo primo controverso studio del 1963, lire volti del fascismo (Sugar 1966), a Nazionalsocialismo e bolscevismo. La guerra civile europea, 1917-1945 (Sansoni 1988} fino ai saggi più recenti su Friedrich Nietzsche e Heidegger, Nolte ha voluto infrangere il tabù dell'antifascismo democratico, che ha a lungo impedito di vedere nel comunismo sovietico un regime totalitario comparabile con quello nazista.

Sta ora uscendo in Italia, per le edizioni Corbaccio, un suo nuovo libro, Controversie. Nazionalismo, bolscevismo, questione ebraica nella storia del Novecento. È un inventario dei più recenti studi e delle ricerche storiografiche in tema di nazionalsocialismo. Le sue tesi, come sempre provocatorie, promettono di riaccendere le discussioni. Professor Nolte, che cosa aggiunge di nuovo questo libro alla sua precedente riflessione sul XX secolo?

Tutti i miei libri sono lavori d'interpretazione di fenomeni storici: del fascismo, del marxismo, della guerra civile europea (1917-1945), della guerra civile mondiale (1946-1991). Quest'ultimo tratta esclusivamente d'un tema, vale a dire della letteratura scientifica sul nazionalsocialismo. L'edizione italiana è sostanzialmente diversa da quella tedesca. S'è dato maggior peso ai cinque capitoli della seconda parte (“Controversie future”), come pure alla conclusione (“Grandezza e tragicità nella guerra civile europea delXX secolo”). L'introduzione è stata riscritta. Si può dire, quindi, che si tratta, in un certo senso, d'un nuovo libro.

Lei continua a parlare di “fondamento razionale” dell'antisemitismo di AdoJf  Hitler. Che vuol dire?

Chi sostiene che l'antisemitismo (o meglio l'antigiudaismo) di Hitler sarebbe privo d'un nucleo razionale, vale a dire comprensibile, spiegabile, propone ima clamorosa svalutazione degli ebrei, negando die nella loro stragrande maggioranza essi facessero parte dei più severi nemici di Hitler. E quest'inimicizia non nasce solo nel 1933. Da molto tempo erano ebrei (non: gli ebrei) i principali fautori di ciò che Hitler rifiutava e combatteva: l'universalismo.

Perché ritiene che la tesi dell'unicità dell'Olocausto sia inaccettabile, e pure dannosa nella lotta all'antisemitismo?

Se l'Olocausto non è solo un fatto singolare, ma unico, vale a dire un incomprensibile buco nero al di fuori della storia, non può avere alcun significato per le attuali discussioni. D'altra parte, lo storico, in quanto tale, non deve impegnarsi a lottare contro tutto ciò che viene definito antisemitismo, e che spesso non è altro che una critica al governo israeliano oppure a singole personalità o gruppi di ebrei. Solo l'antisemitismo che si fonda su un'imputazione collettiva di colpa (per esempio l'affermazione secondo la quale gli ebrei sarebbero! responsabili del bolscevismo o del capitalismo) è da respingere a priori per motivi filosofici e scientifici.

Lei parla di un'opposizione tra civiltà e giustizia che segna questo secolo.

L'opposizione tra civiltà e giustizia (nel senso di eguaglianza) non riguarda solo il XX secolo, ma tutta la storia dell'umanità. Sin dai tempi più remoti, l'“eterna sinistra” ha voluto realizzare una “civiltà della giustizia”, ma a mio avviso si tratta di un fine utopico, che mette a repentaglio l'obiettivo realistico d'una “civiltà della maggior giustizia”, come di recente ha dimostrato l'esempio del comunismo sovietico.

Come giudica il “diritto all'ingerenza umanitaria” che è stato posto a fondamento dell'intervento contro la Serbia?

L'ingerenza umanitaria, come ha mostrato la guerra nel Kossovo, può essere un progresso sostanziale nel cammino verso un nuovo e migliore ordine mondiale. Ma può anche portare a un mondo ancora più ricco di conflitti e soprattutto più ricco di ipocrisie, là dove l'affermazione degli interessi viene spacciata per ingerenza umanitaria.

Da Panorama, 24/6/99, p.165