Hobbes

vita (1588/1679)

Studiò a Oxford, viaggiò in Italia (1610), in Francia (1634/7 dove conobbe il padre Mersenne) e di nuovo Italia (Galileo); scoppiata la rivoluzione inglese riparò in Francia (1640), dove scrisse le obiezioni a Cartesio e il Leviathan, che risultò inviso alla corte filocattolica come antipapale, e fu ritenuto troppo favorevole a Cromwell anche dagli scozzesi. Così tornò in Inghilterra, dove scrisse gli Elementa philosophiae (De corpore, De homine, De cive).

I suoi ultimi lavori furono un'autobiografia in versi latini (1672) e una traduzione di quattro libri dell'Odissea in rime d'inglese arcaico (1673), cui seguirono la traduzione completa sia dell'Iliade sia dell'Odissea nel 1675. Nell'ottobre del 1679 fu colpito da una paresi che lo portò alla morte nel suo novantunesimo anno.

la gnoseologia

Hobbes non riconosce alla ragione la possibilità di adeguarsi a un vero oggettivo, assegnandole solo la funzione di calcolare l'utile, prevedendo le circostanze future in cui il soggetto dovrà operare.

L'oggetto della filosofia sono i corpi (pragmatismo e materialismo di Hobbes); in logica sostenne una concezione convenzionalista (la proposizione è pura connessione di nomi) e nominalista (gli universali sono puri nomi).

Perciò la verità sta in dictu e non in re. Il ragionamento poi è calcolo, e il calcolo è riconducibile a operazioni elementari: addizione e sottrazione. Così "uomo" è uguale a "corpo" più "animato" più "razionale". La scienza è così connessione di nomi e non di fatti. Connessioni, che resterebbero vere anche se le cose corrispondenti non esistessero.

📔Opere principali di Hobbes

titolo originale titolo tradotto anno
Objectiones ad Cartesii Meditationes de Prima Philosophia1641
De cive1642
LeviathanIl Leviatano1651
De Corpore1655
De Homine1658

la legge naturale

La legge morale non rispecchia un ordine oggettivo, emanante dalla lex aeterna, ma è un prodotto della ragione umana, che ha di mira la salvaguardia dell'esistenza biologica dal gioco autodistruttivo degli istinti. Il punto di partenza è dato dalle sensazioni elementari del piacere e del dolore, e dalla naturale tendenza a procurarsi il piacere e a fuggire il dolore. Le nozioni di bene e di male si riducono a ciò che è desiderato o fuggito ai fini del proprio piacere e della propria conservazione. La libertà altro non è che l'assenza di impedimenti allo svolgimento delle naturali appetizioni (cioè non c'è libero arbitrio, concetto estraneo al meccanicismo hobbesiano).

In particolare si tratta di

la politica

la condizione umana originaria: il bellum omnium contra omnes

La bramosia naturale spinge ognuno a pretendere un diritto illimitato sui beni naturali (per Hobbes è l'avidità, più che l'eros o la superbia ad essere il movente principale dell'umano agire), a qualsiasi costo, anche esercitando violenza e omicidio sul prossimo.

Non esiste in effetti amore naturale tra gli esseri umani, ma ognuno cerca solo il suo utile: ogni associazione spontanea nasce o dal bisogno reciproco, o dall'ambizione, mai dall'amore o dalla benevolenza verso gli altri. Da notare che questa situazione non è conseguenza del peccato originale, ma situazione originaria.

Si ha così una situazione di guerra totale, di tutti contro tutti, senza alcun freno in una giustizia assoluta.

Questo minaccia continuamente la vita di ognuno, ma la ragione naturale ci fà rifuggire con terrore la morte violenta, come il peggiore dei mali; per cui occorre correre ai ripari.

il patto originario unica via d'uscita

Si tratta di un patto non tra gli individui e lo Stato, il potere sovrano (che sarebbe allora limitato, condizionale), ma degli individui tra loro, che rinunciano al loro illimitato diritto su tutto, trasferendolo totalmente e incondizionatamente su qualcosa di estraneo e superiore alla logica dello scontro: la delega al sovrano è totale, se si vuole salvare la pace e non ricadere in lotte senza quartiere.

Il sovrano perciò è il Dio mortale, con tanta forza e potere che può disciplinare col terrore la volontà di tutti in vista della pace (Leviathan).