Russell

Bertrand Russell (1872/1970) è uno dei maggiori filosofi inglesi del '900. In lui la tradizione empirista britannica, confrontatasi in gioventù con l'idealismo, si intreccia con i problemi posti dallo sviluppo della logica matematica (Peano, Frege) per contribuire alla nascita di quella che sarebbe poi stata chiamata filosofia analitica.

🪪 Cenni sulla vita

Di nobile famiglia studiò al Trinity College di Cambridge matematica e filosofia, dapprima subendo l'influsso di MacTaggart e tramite lui del neoidealismo di Bradley;

poi per influsso di G.E.Moore, suo compagno, se ne staccò per avvicinarsi al realismo (esistenti gli oggetti del senso comune) e si dedicò a Leibniz.

Nel 1900 l'incontro con Peano, di cui ammirò il rigore delle argomentazioni, lo convinse a dedicarsi alla formalizzazione del linguaggio. Per lui il linguaggio comune può e deve essere esaurientemente tradotto in linguaggio scientifico, formalizzato, rigoroso. Collaborò in tal senso con Whitehead alla stesura dei Principia mathematica.

Nel 1916 venne espulso dal Trinity College di Cambridge per le sue tesi pacifiste, e nel 1918, per lo stesso motivo (un articolo pacifista) venne condannato a sei mesi di carcere.

Dal 1938 fu negli Stati Uniti, dove ricevette vari incarichi di docenza, ma anche lì ebbe vita difficile: venne espulso dalla università di New York City per aver sostenuto idee immorali (libero amore e simili), e poi gli venne interrotto un contratto di 5 anni con una Fondazione culturale privata (la Barnes, di Marion in Pennsylvaria) per analoghi motivi.

Le sue prese di posizione contro il nazismo però gli valsero, al ritorno in Inghilterra dopo la 2a guerra mondiale, di nuovo la cattedra al Trinity College di Cambridge, che riprese dal 1944.

Fino all'ultimo Russell ha unito alla riflessione filosofica un attivo impegno politico, di stampo pacifistico.

📔 Opere principali di Russell

titolo originale titolo tradotto anno
A critical exposition of the Philosophy of LeibnizLa filosofia di Leibniz1900
The principles of Mathematics1903
On denoting1905
Principia mathematica (coautore A.Whitehead)1910-13
The Problems of Philosophy1912
Our knowldge of External World1914
Analysis of Mind 1921
Analysis of Matter 1927
Human Knowledge: its Scope and Limits1948

la nuova logica

la critica alla vecchia logica

Russell criticò la vecchia logica, quella aristotelica, oltre che, a maggior ragione, quella del neoidealismo di Bradley, basata su presupposti metafisici per la quale,

Questo modello di logica mostra il suo limite ad esempio dove vengono affermate delle relazioni, ad esempio nell'enunciato «Carlo è più alto di Paolo»: per la vecchia logica c'è un soggetto («Carlo») e un predicato («più alto di Paolo»); ma ciò è inaccettabile perché «più alto di Paolo» non è una proprietà di Carlo, come invece lo potrebbe essere, ad esempio, l'essere italiano, laureato, alto, tant'è vero che se Paolo non esistesse, non si potrebbe più dire che Carlo è più alto di lui (mentre si potrebbe continuare a dire che Carlo ha le proprietà che gli ineriscono). Russell ne ricava la conclusione di una complessiva inadeguatezza della logica predicativa aristotelica.

L'inadeguatezza della logica tradizionale emerge del resto da una sua complessiva inavvertenza della differenza tra la forma grammaticale (che per Russell è spesso ingannevole) e la la reale forma logica del pensiero (tema questo già anticipato da Frege): ciò è facilmente verificabile ad esempio nella incapacità di distinguere la reale diversa forma logica di due enunciati (solo) grammaticalmente simili, come i seguenti

Nel caso del primo enunciato la forma grammaticale rispecchia la forma logica, ma nel secondo caso no, si ha una erronea elevazione a entità unitaria dell'espressione «tutti i greci», ipostatizzandola come una sorta di essenza, mentre essa invece dovrebbe essere scomposta nelle sue parti semplici.

la proposta di una nuova logica

La nuova logica da lui propugnata invece si fonda metafisicamente non su un'unica Sostanza, come il neoidealismo, e nemmeno una pluralità di sostanze (complesse: centri di inerenza di aspetti accidentali e tra loro intrinsecamente relazionate), come in Aristotele, ma una pluralità di oggetti semplici, tra cui vigono delle relazioni estrinseche.

In altri termini, il presupposto ontologico della proposta logica di Russell, pur con qualche variazione, è una tesi molto simile all'atomismo logico di Wittgenstein, espresso ad esempio dalla proposizione 1.21 del Tractatus: «Una cosa può accadere o non accadere e tutto il resto restare uguale».

Essa si esprime in proposizioni che esprimono relazioni, e Russell, come Frege, cerca di formalizzare il linguaggio della logica mediante l'utilizzo di simboli, come i quantificatori, i connettivi, simboli per le variabili (x,y,z), per le costanti (le lettere minuscole) e per le funzioni (le maiuscole). Anche per Russell, come per Frege, gli enunciati vanno ricondotti ai loro elementi semplici e formulati come funzioni proposizionali, usando la funzione come predicato e l'argomento per indicare a chi tale funzione si applichi.

Così, l'enunciato visto sopra non potra tradursi come: M(g) (dove g stia per «tutti i greci» e M per «mortali»), perché «g» non è un elemento semplice, ma composto.

Occorrerà invece dire: ∀x(Gx ∧ Mx) (dove G stia per greco, e M per mortale)

In generale occorre analizzare gli enunciati complessi, soprattutto quelli che presentano ambiguità o confusioni, esigendo che siano scomposti in parti semplici, ognuna delle quali sia dotata di riferimento, ovvero di denotazione (la Bedeutung di Frege), cioè denoti un oggetto realmente esistente.

Un problema affrontato da Russell a questo riguardo (ad esempio in On denoting) è quello delle espressioni che sembrano denotare, mentre in realtà non denotano, non hanno riferimento: ad esempio il «cerchio quadrato», o «l'attuale Re di Francia». Su questo punto Russell si distacca da Frege, più legato a presupposti platonici, e per il quale tali espressioni pur non avendo riferimento (Bedeutung) hanno comunque un senso (Sinn) e non possono essere né vere né false. Ancora di più si distacca da Meinong, per il quale la proposizione «il cerchio quadrato è quadrato» è addirittura vera.

Per Russell tali espressioni, che sono delle descrizioni definite vanno scomposte nelle loro componenti elementari e valutate nella loro verità o falsità. Così la frase «l'attuale Re di Francia è calvo» non è senza senso, ma va scomposta in «non esiste alcuna entità che sia attuale Re di Francia e che sia calvo» ossia, formalizzando in simboli ¬∃x(Rx ∧ Cx) (dove R sta per “Re di Francia” e C per “calvo”).

Analogamente non si può dire «le montagne d'oro non esistono», perché questo presupporrebbe erroneamente l'esistenza di un soggetto-sostanza («le montagne d'oro») che in realtà non esiste e di cui perciò non si può predicare niente; piuttosto occorrerà dire che non esiste alcuna entità che sia montagna e che sia d'oro, formalizzando: ¬∃x(Gx ∧ Mx), dove G sta per “d'oro” e M per “montagne”.

Tutto il linguaggio peraltro, non solo quello più evidentemente oscuro e ambiguo, come i casi riportati, dovrebbe per Russell essere formalizzato, acquistando così lo stesso rigore del linguaggio scientifico.

la conoscenza

La teoria della conoscenza in Russell ha subito una evoluzione anche consistente, ma alcuni punti possono essere fissati come suo stabile pensiero (dopo l'abbandono, ovviamente dell'idealismo iniziale e di un certo “realismo platonico”, che lo caratterizza prima della scoperta del “paradosso delle classi”):

La gnoseologia di Russell presenta aspetti evolutivi e problematici: ad esempio la possibilità di superare il solipsisimo, dato che la conoscenza diretta è essenzialmente qualcosa di privato, e in generale la possibilità di affermare con certezza l'esistenza di una realtà oggettiva, oltre il dato sensoriale diretto.

Da un lato vi è la sua convinzione personale, esistenziale, nella certa esistenza del mondo e degli altri, dall'altro, il rigore logico a cui ha sempre voluto attenersi, lo rende prudente nel parlare di certezze relativamente a ciò che per il senso comune è evidente e certo.

etica e politica

Russell, a differenza di Frege e di Wittgenstein, fu molto impegnato in ambito etico e politico, pagando anche personalmente un prezzo per il carattere anticonvenzionale delle sue battaglie.

Punto di riferimento di esse fu il valore dell'individuo, di cui sottolineò in modo molto deciso la libertà come assenza di vincoli intrinseci, contro tutto ciò che ai suoi occhi appariva come fanatismo e dogmatismo.

etica

In un primo tempo per lui (Elementi di etica, 1910) l'etica viene vista come una tra le scienze, con un compito perciò paragonabile a quello di qualsiasi altra scienza:

scoprire proposizioni vere sulla condotta virtuosa e viziosa, e queste proposizioni sono parte della verità quanto le proposizioni vere sull'ossigeno o sulla tavola pitagorica.

Si tratta, come si vede, di una impostazione oggettivistica, che permetterebbe di individuare con certezza ciò che è bene e ciò che è male, per tutti, sempre e ovunque.

Questa tesi viene in seguito abbandonata per una visione più soggettivistica (ad esempio in Religione e scienza, del 1935): per Russell diviene impossibile determinare con esattezza dei valori davvero assoluti in campo etico, la ragione non ci può dimostrare rigorosamente dove essi starebbero, ed è inevitabile richiamarsi, piuttosto che ad argomenti, a delle emozioni. Ciò su cui occorre basarsi allora è il desiderio, facendo però in modo che ognuno tenga conto dei desideri degli altri, per non sopraffarli e rispettarli nella massima misura compatibile con la propria libertà.

Anche in questa seconda e definitiva fase tuttavia, resterà in Russell il bisogno di sottrarre l'etica a una totale arbitrarietà, e in tal senso egli riterrà importante, seppur non scientificamente rigorosa, la convergenza degli individui su alcune valutazioni morali.

religione

Russell era molto critico nei confronti delle religioni rivelate, in quanto non solo prive di valore conoscitivo accertabile, richiedendo fede in qualcosa di non-verificabile, ma anche inaccettabilmente pesanti dal punto di vista delle esigenze etiche, con richieste che reprimono desideri naturali, senza recare alcuna utilità agli altri.

politica

Il pensiero politico di Russell si inserisce nel solco del radicalismo libertario, volto ad assicurare all'individuo la massima libertà compatibile con una armonica convivenza civile.

Attivo fu il suo impegno pacifista, molto critico verso la politica, da lui ritenuta militarista e imperialista, degli Stati Uniti del secondo dopoguerra: degna di menzione è la creazione di una sorta di tribunale internazionale, privo di ogni legittimità formale, ma per qualche tempo (tra gli anni '60 e '70) visto con simpatia da molti; tale Tribunale Russell condannò gli Stati Uniti per il loro comportamento in Vietnam.

Per un giudizio

L'esigenza della massima rigorosità possibile è di per sè positiva, ma essa non può essere spinta fino a “tagliare il ramo su cui stiamo appoggiati”, come si vede nelle difficoltà che trova Russell a riconoscere dignità filosofica alle evidenze primordiali del senso comune.

Inoltre non è accettabile il presupposto “atomistico” di Russell: è vero che non esiste un'unica Sostanza, ma non si dovrebbe nemmeno dire che esistono degli oggetti totalmente semplici e non intrinsecamente relazionati gli uni agli altri: esiste una terza possibilità tra monismo e atomizzazione della realtà.