i sofisti: testi

testi di Platone

dal Teeteto

«Protagora sostiene che misura di tutte le cose è l'uomo di quelle che sono, per ciò per ciò che non sono; intendendo per misura la norma di giudizio, e per cose, i fatti in genere; sicché il senso è questo, che l'uomo è la norma che giudica tutti i fatti: di quelli che sono, per ciò che sono, di quelli che non sono, per ciò che no sono. E perciò egli ammette solo ciò che pare ai singoli individui, e in tal modo introduce il principio di relatività. Secondo lui, dunque, chi giudica delle cose è l'uomo. Infatti, tutto ciò che appare agli uomini, anche è; e ciò che non appare a nessun uomo, neppure è.(D80 A14)

Io affermo, sì, che la verità è proprio come ho scritto; che ciascuno di noi è misura delle cose che sono e che non sono: ma c'è una differenza infinita fra uomo e uomo per ciò appunto che le cose appaiono e sono all'uno in un modo all'altro in un altro. E sono così lontano dal negare che esistano sapienza e uomo sapiente, che anzi chiamo sapiente colui il quale, trasmutando quello di noi cui certe cose appaiono e sono cattive, riesca a far sì che codeste medesime cose appaiano e siano buone. E tu non combattere il mio ragionamento inseguendolo ancora nelle parole; ma vedi piuttosto di intendere così, sempre più chiaramente, che cosa voglio dire. Ricorda quel che già prima dicemmo, che a chi è malato i cibi sembrano e sono amari, a chi sta bene., al contrario, sono gradevoli. Se non che non è lecito inferire da ciò che di questi due l'uno è più sapiente dell'altro - ché non è possibile e nemmeno si deve dire che l'ammalato, perché ha tale opinione, è ignorante, ed è sapiente il sano perché ha opinione contraria; bensì bisogna mutare uno stato nell'altro, perché lo stato di sanità è migliore. E così, anche nell'educazione, bisogna tramutare l'uomo da un abito peggiore a un abito migliore.
Ora, per codesti mutamenti, il sofista adopra discorsi come il medico farmaci: ma nessuno mai indusse chicchessia che avesse opinioni false ad avere opinioni vere; né di fatti è possibile che uno pensi cose che per lui non esistono, o cose estranee a quelle di cui abbia impressione, ché queste soltanto per lui sono vere ogni volta. Ebbene, colui che per uno stato d'animo inferiore ha opinioni conformi alla natura di codesto suo animo, può esser indotto, credo, da un animo superiore ad avere opinioni diverse che siano conformi a codesto animo superiore; che sono appunto quelle fantasie che taluni per ignoranza dicono vere, e io dico semplicemente migliori le une delle altre, ma più vere nessuna. E i sapienti, amico Socrate, io sono ben lontano dal chiamarli ranocchi; che anzi rispetto ai corpi li chiamo medici, rispetto alle piante agricoltori. E dico che questi agricoltori introducono nelle piante, se qualcuna si ammala, invece di sensazioni cattive, sensazioni buone e salutari, non solo vere; e i sapienti e buoni retori fanno sì che alle città appaia giusto il bene anzi che il male. Infatti ciò che per una data città appare giusto e bello, codesto anche è, per quella città, e giusto e bello, finché così ella reputi e sancisca: ma è l'uomo sapiente che per ogni singola cosa la quale ai cittadini sia male sostituisce altre cose che sono e appaiono bene.

Per la stessa ragione anche il sofista che è capace di educare in tal modo i suoi alunni è uomo sapiente e meritevole di esser pagato da costoro con molto denaro. E così alcuni sono più sapienti di altri, e nessuno ha opinioni errate; e tu devi rassegnarti, voglia o non voglia, a esser misura delle cose: in questo che s'è detto si fonda appunto la saldezza della mia dottrina. Alla quale tu, se vuoi contraddire da capo, contraddici pure, opponendole un'argomentazione continuata; se poi ti piacesse valerti di domande, allora domanda; ché certo questo modo non è da fuggire, ma anzi da preferire sopra ogni altro, per chi abbia senno.

A Gorgia, come a un padre, crediamo di dover riferire l'arte dei sofisti. Se ripensiamo a Eschilo a quante innovazioni portò nella tragedia, provvedendola di costumi, di un palco elevato, di figure di eroi, di messaggeri, di nunzi, di un'azione da svolgersi sulla scena e nel retroscena, ebbene questo stesso sarebbe il posto di Gorgia di fronte a quelli che usano la sua stessa arte. Fu lui a iniziare i sofisti all'impeto, alle audaci nuove espressioni, ai toni aspiratori, alla grave esposizione per cose gravi, ai distacchi di frase e agli inizi immediati, accorgimenti tutti che rendono il discorso più dolce e solenne: e con parole poetiche ampliava il discorso per renderlo ornato e dignitoso. (Teeteto, 166a-168e, DK D80 A14)). »

dal Protagora

«[La scena nel 431 a.C. circa; parla Protagora] Io dunque ho preso la via del tutto opposta [a quella di sofisti camuffati da poeti, iniziati, ginnasti, musici, ecc.] e convengo d'esser sofista, e di educare gli uomini [...]. E sí che da molt'anni sto nell'arte; perché ne ho parecchi addosso! né v'è alcuno tra voi, al quale non potrei, quanto a età, essere padre [...]. Ragazzo mio, se tu frequenterai la mia scuola, già il primo giorno che verrai potrai tornartene a casa migliore; e il giorno dopo lo stesso; e cosí ogni giorno potrai progredire verso il meglio [...]. Gli altri rovinano i giovani; sfuggiti questi alle scienze speciali, li riconducono loro malgrado e li ricacciano nelle scienze speciali, insegnando loro e calcolo e astronomia e geometria e musica (e qui dette un'occhiata a Ippia); mentre chi vien da me, non altro studierà se non quello per cui viene. Materia di questo studio è un retto discernimento tanto nelle cose domestiche – quale sia il miglior modo di amministrare la propria casa – quanto nelle politiche – in che modo si divenga abilissimi al governo, sia con l'opera, sia con la parola [...]. [Socrate e Protagora] Se ho ben capito, mi sembra che tu alluda alla scienza politica, e che tu t'impegni a rendere gli uomini bravi cittadini. – Questa è appunto, o Socrate, la professione che professo [...]. [Socrate] – E sei tanto sicuro di te stesso, che mentre gli altri esercitano questo insegnamento di nascosto, tu ti sei fatto banditore di te stesso apertamente davanti a tutti i Greci chiamandoti sofista, e ti sei esibito maestro di cultura e di virtú, pretendendo, tu per primo, di farti pagare per questo.»

Fr. 80 A 5 DK, 317 b, 317 c, 318 a, 318 e, 319 a, 348 e

dal Menone

[Socrate ad Anito]« Io so d'un uomo, Protagora, che ha guadagnato lui solo piú danari con questa scienza [la sofistica], che non Fidia, le cui belle opere son cosí celebri, e dieci altri scultori insieme [...]. Ma intanto, di Protagora, nessuno in tutta quanta la Grecia s'è accorto che guastava i discepoli e li rimandava peggiori di come li aveva ricevuti: e questo, per piú di quarant'anni! Perché credo sia morto quasi a settanta, e abbia esercitato l'arte per quaranta. E in tutto questo tempo fino ad oggi la sua celebrità non è mai venuta meno.» (Platone, Menone, 91 de)

frammenti di altri autori

da Eusebio e Diogene Laerzio

Eusebio, Praeparatio evangelica, XIV 3, 7; Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, IX, 51

1 Protagora, divenuto seguace di Democrito, si acquistò fama di ateo; si dice infatti che abbia cominciato il libro Degli dèi con questa introduzione:
2 Riguardo agli dèi, non so né che sono, né che non sono, né di che natura sono.
3 Riguardo agli dèi, non ho la possibilità di accertare né che sono, né che non sono, opponendosi a ciò molte cose: l'oscurità dell'argomento e la brevità della vita umana.(Fr. 80 B 4 DK)

da Aristotele

1 Intorno ad ogni oggetto ci sono due ragionamenti contrapposti.
2 Render piú forte l'argomento piú debole.

Fr. 80 B 6a e 6b 23 DK. Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, IX, 51 e Aristotele, Retorica, B 24, 1402a

da Sesto Empirico

1 Alcuni compresero anche Protagora di Abdera nella schiera di quei filosofi che aboliscono una norma di giudizio, per il fatto che afferma che tutte le parvenze e opinioni son vere, e che la verità è tale relativamente a qualcosa, per ciò che tutto quel che appare è opinato da uno, esiste nell'atto stesso come relativo a lui. Appunto egli comincia i suoi Discorsi sovvertitori proclamando:
2 Di tutte le cose misura è l'uomo: di quelle che sono, per ciò che sono, di quelle che non sono, per ciò che non sono. (Contro i matematici, VII, 60, Fr. 80 B 1 DK)

Eusebio, Chronica

Euripide è ritenuto famoso e anche Protagora sofista, i cui libri furon arsi dagli Ateniesi per pubblico decreto. (Fr. DK 80 A 4)

Apuleio Florida

Di quel Protagora, che fu sofista di straordinaria cultura e oratore insigne tra i primi inventori dell'arte retorica, coetaneo del "fisico" Democrito suo concittadino (da cui egli attinse il suo sapere), si dice che avesse pattuito col suo discepolo Evatlo un compenso esagerato, ma ad una condizione arrischiata etc. ( 80 A 8 DK 18)