l'Islam

Molti cristiani tendono a sottovalutare le differenze tra la loro fede (...) e la religione islamica

Introduzione

Quanto diciamo qui riguarda la concezione islamica, molto più che la storia dell'Islam nei suoi risvolti materiali (politici, economici, fattuali).

Molti cristiani, ancora oggi, tendono a sottovalutare le differenze tra la loro fede, di cui spesso hanno una conoscenza approssimativa e superficiale, e la religione islamica. Tanto, tutt'e due credono in Dio...

Emblematico di questo atteggiamento inconsapevole e acritico fu il caso di una suora, che, a una nota radiotrasmissione, ebbe a dire una volta "Preghiamo per la chiesa mussulmana" (sic!).

La verità è che invece esistono, accanto ad alcune analogie, profonde differenze, che è bene cogliere, come imprescindibile condizione a un vero dialogo, e non come ostacolo ad esso.

1) Un diverso punto di partenza

Per il Cristianesimo punto di partenza è l'avvenimento storico di Dio fattosi uomo. Un avvenimento incontrabile, sperimentabile. Una vita nuova, incontrabile storicamente. Per l'Islam la predicazione di un uomo, Maometto, che sostiene di avere avuto una visione angelica, da cui avrebbe ricevuto un messaggio di Dio.

In un caso, un Uomo che ha detto di essere Dio, e ha operato in modo da rendere credibile questa affermazione. Nell'altro caso, un uomo che ha ammesso di essere soltanto un uomo (e come tale si è comportato, affidando alla spada la diffusione del suo messaggio), ma ha preteso di aver ricevuto una rivelazione.

In Cristo, Dio si è fatto vicino all'uomo, si è reso incontrabile, ha in qualche modo e in un certo senso azzerato la sua infinita distanza. Con Maometto invece Dio resta lontano, abissalmente lontano, impenetrabilmente lontano.

Nell'un caso lo si può chiamare Padre, Padre buono, un Padre che ama i suoi figli. Nell'altro non lo si può mai nominare adeguatamente, ogni familiarità è impossibile e blasfema, e l'uomo non è figlio, ma servo, schiavo di un Dio lontano nella Sua irraggiungibile maestà.

Abbiamo detto che Cristo ha operato in modo da rendere credibile la sua affermazione di essere Dio: lo ha fatto dimostrando una conoscenza dell'uomo, una passione per il suo bene, una capacità di dominare la realtà (i miracoli), quali mai si erano viste. E di tutto questo almeno un po’ tutti i cristiani, nella misura della loro santità, sono partecipi: pensiamo a santa Teresa, a San Francesco, a don Bosco.

2) un diverso modo di concepire Dio

Trinità di amore, comunione di Persone per il Cristianesimo, solitaria unicità per l'Islam. Se Dio è mistero trinitario, allora Egli è amore, pienezza di amore, vita, fuoco. Solo in questo caso siamo certi che Dio non abbia bisogno della sua creatura. Se invece Dio fosse un solitario, una sola Persona, chi ci potrebbe impedire di pensare che Egli ha creato altri esseri razionali per un suo bisogno (in termini banali, per avere della compagnia)? Ma, si dirà da parte islamica, è bestemmia dire che Dio è trino, poiché Egli è l'unico: certo che Dio è Uno, ed è Unico, ma la vera bestemmia, o almeno una riduzione a una nostra misura non è proprio il concepire la sua unità al modo umano, secondo una misura razionalistica e naturalistica? 

Proprio perché Dio è Mistero Egli va infinitamente al di là della nostra immaginazione e della nostra ragione. L'unico limite che si pone è la contraddizione, ma il Mistero trinitario non è contraddizione, è mistero. Un mistero già annunciato del resto dal mistero della unità del molteplice che constatiamo a livello creaturale.

3) la necessità della redenzione

Per l'Islam il peccato originale non è altro che una certa smemoratezza dell'uomo, una dimenticanza del patto originario. Qualcosa di non poi molto grave, insomma. L'uomo non ha bisogno della grazia. La sua volontà è forte, è capace di osservare interamente la legge morale. Da un punto di vista non solo cristiano, ma semplicemente razionale, questa visione è superficiale, non spiega tutti i fattori della realtà : non sembra ragionevole dire che tutto il male che c'è nella storia, gli omicidi, le cattiverie, le stragi, i genocidi, le ruberie, le infedeltà e quant'altro, sia dovuto a una dimenticanza del patto originario, tale da non intaccare in profondità la conoscenza e la volontà umane. Per l'Islam basta ricordare tale patto per essere quali Dio ci vuole: il Profeta non avrebbe detto cose davvero nuove, ma ricorderebbe all'uomo ciò che da sempre egli sa.

A noi sembra invece che la portata del male che si incontra nella vita e nella storia umane gridi l'impossibilità per l'uomo di essere buono e giusto con le sole sue forze. Ci vuole una grazia, ci vuole un dono dall'alto, per poter sanare la nostra volontà malata, ferita dal peccato. Solo la grazia di Cristo, procurataci dalla sua passione redentrice, può lavarci dal male e renderci capaci di verità e di bene.

Per approfondire questo punto.

4) il modo di concepire la vita eterna

La vita eterna è un paradiso di delizie terrene per l'Islam, la comunione con Dio per il Cristianesimo. Per l'Islam Dio resterà per sempre lontano e inaccessibile. Per il Cristianesimo gli eletti saranno resi partecipi di Dio, in qualche modo anzi diventeranno Dio, per grazia: per quanto è possibile infatti la natura umana sarà trasfigurata, ad immagine di Cristo, Uomo-Dio.

Giudichi ognuno se ciò che più ci può rendere felici sono i piaceri, l'abbondanza di cose, l'avere, o non piuttosto l'essere, l'essere amici del Mistero buono che ha fatto tutte le cose, vederLo e amarLo, essendo da Lui amati e innalzati a partecipare della Sua mensa. Un bambino non è felice perché ha tanti giocattoli, ma perché sua mamma e suo papà gli vogliono bene. Potrebbe essere felice una umanità, sia pure resa immortale e incorruttibile, in un giardino di delizie terrene, non vedendo il volto di Dio, stando lontano da un Dio, le cui intenzioni intime gli sfuggirebbero per l'eternità, e che pertanto potrebbe per l'eternità essere sospettato di celare un beffardo, ultimamente maligno sorriso di scherno?

5) una diversa stima per la ragione

Il Cristianesimo, soprattutto cattolico, valorizza pienamente la ragione: esso ha solennemente dichiarato che nessun dogma può contraddire la ragione, e ha condannato il fideismo come eresia. Eretico è infatti affermare che occorre rinunciare alla ragione per credere. E questo perché il Mistero che si è rivelato in Cristo è "un Dio Verace e senza malizia", non un Ingannatore, che si diverta a tendere tranelli alle sue creature. Dio è buono, e verace: non mente e non inganna. Non inganna la sua creatura razionale, facendole credere vero ciò che tale non è: se la creatura usa bene di ciò di cui il Creatore l'ha dotata, tra cui la sua ragione, essa trova la verità, e tale verità non potrà pertanto entrare in conflitto con la Verità rivelata direttamente da Dio stesso.

Per questo il Cristianesimo ha incentivato la filosofia, valorizzando il pensiero a lui precedente, ed ha promosso una grandioso e secolare sviluppo della razionalità filosofica, di cui le Summae del XIII secolo, ma non solo esse, sono imponente documentazione.

Averroè ?

Non altrettanto si può dire dell'Islam. Averroè secondo alcuni sarebbe la prova dello splendore filosofico dell'Islam. Questa tesi non è sostenibile da chi conosca Averroè, che non era un filosofo islamico ortodosso, negando tesi essenziali del credo mussulmano, come l'immortalità personale e la creazione "nel tempo". Ma più in generale non ci sembra un caso che non si possa citare un solo filosofo (degno di nota, almeno) islamico che fosse anche ortodosso. Non solo Averroè, ma nemmeno Avicenna, Al Galzali, Al Farabi, filosofi fioriti in terra islamica, erano ortodossi (dal punto di vista della ortodossia islamica, ma anche da un punto di vista semplicemente teistico). Non esiste un S.Agostino islamico, non esiste un S.Tommaso islamico, non esiste un solo personaggio che abbia edificato una sintesi in cui fede (islamica) e ragione si armonizzassero: ed è difficile pensare che ciò sia un caso.

Infatti per l'Islam a tal punto Dio è lontano e irraggiungibile dalla sua creatura, che ciò che di Lui la nostra ragione può sapere è sospeso al suo totale arbitrio, è sospeso ad un arbitrio totalmente non-verificabile. Secondo il Cristianesimo Dio si è fatto Uomo, accondiscendendo alla modalità conoscitiva umana, e cercando di conquistare la nostra libera e consapevole persuasione, mostrandosi, agli occhi e al pensiero, come Presenza che corrisponde al desiderio di piena felicità. Secondo l'Islam invece Dio, invece che incarnarsi, si incarta: si incarta nel Corano, Testo Sacro da accettare ciecamente (prendere o lasciare!), senza che la ragione umana possa davvero chiedere de motivi di credibilità. Il Corano si accetta o si rifiuta, ma non si discute in alcun modo. A differenza della Bibbia, che è testimonianza della Rivelazione (pur essendo in qualche modo essa stessa evento sacro, Corpo biblico di Cristo, per dirla con Origene), il Corano è la Rivelazione. Al punto tale da non poter essere tradotto, nè sottoposto a esame storico-critico (come invece la Bibbia ha accettato, e in modo vincente, di essere).

La figura del genio, tipica di certa letteratura araba, pensiamo alle Mille e una notte, è metafora poetica di questo concetto: un divino talmente al di là della nostra ragione, da essere arbitrariamente imprevedibile, essenzialmente ambiguo, ora buono ora cattivo, scivolando con grande spregiudicatezza ora nell'uno ora nell'altro atteggiamento. Ora, si potrà dire che Dio non è un genio, tuttavia ci sembra significativo il darsi di una figura del genere, che non ha alcuna cittadinanza in una cultura di matrice ebraico-cristiana, dove ci sono gli angeli, fedeli a Dio, e univocamente buoni, e i diavoli, ribelli a Dio, e univocamente cattivi.

6) la scelta dei mezzi di diffusione

Il Cristianesimo si diffonde col martirio dei suoi membri, che si lasciano uccidere dai Romani per testimoniare la divinità di Cristo. L'Islam si diffonde con la spada, uccidendo coloro che gli si oppongono. Il Cristianesimo si lascia uccidere, e testimonia con ciò la sua forza. L'Islam uccide, e confessa così la sua debolezza, la sua impotenza a convincere con altri sistemi che non siano violenza.

Che d'altronde nell'Islam ci sia una vena di violenza lo si vede bene oggi, con quello che accade in Algeria, e in Sudan (dove i cristiani sono sottoposti a una spietata persecuzione, di cui quasi non si parla), in Libano (quasi come in Sudan), in Indonesia, in Nigeria, in Pakistan, in Malesia, per non citare che alcuni casi.

Non è un caso, probabilmente, se è vero che nel Corano si trovano espressioni come le seguenti:

«Vi è imposta la guerra anche se ciò possa spiacervi» (sura II, versetto 216).

«Uccidete gli idolatri dovunque li troviate; catturateli, assediateli, fateli cadere nelle imboscate» (K, 5).

«Ammazzateli dovunque essi si incontrino!» (II, 191).

«Combatteteli fino a che non vi sia più ribellione e che la religione sia quella del Dio» (II, 193).

«Sia che voi andiate incontro alla morte, sia che vi ammazzino, verso il Dio sarà certamente il vostro ritorno» (III, 158). «Non voi li avete trucidati, è il Dio che li ha uccisi» (Vili, 17).

«Combattete contro coloro che non credono in Dio e nel Giorno Estremo, e che non ritengono illecito quel che Dio e il Suo Messaggero han dichiarato illecito. Combattete, fra quelli cui fu data la Scrittura (ebrei e cristiani, ndr), coloro che non praticano la vera religione. Combatteteli finché non paghino il tributo, uno per uno, e finché non siano umiliati» (IX, 29).

«Non tentennate, non cedete, non invocate "Pace, pace!", mentre siete i più forti» (XLW, 35).

  Nota bene

Conveniamo che non sia auspicabile inchiodare l'Islam (in quanto tale) a queste tesi, cristallizzandone per così dire, l'identità nella sua versione peggiore: occorre favorire quanto possibile una evoluzione dell'Islam, che faccia leva sulle personalità più moderate e che aiuti a interpretare e rivedere tali aspetti, rendendo l'Islam più pacifico e tollerante. Ed esistono di fatto nel mondo islamico, soprattutto arabo-islamico, personalità sinceramente desiderose di ciò. D'altro canto non si può nemmeno tacere su ciò che finora l'Islam è stato e su come è stato interpretato il suo messaggio dai suoi seguaci storici: sono gli stessi mussulmani moderati a non volerlo e a rimproverare agli occidentali una strana miopia in proposito (si veda l'intervista a un "Sacharov islamico").

7) il rapporto religione/stato

La Chiesa si pone da sempre, pur con possibilità di tradimenti, in termini dialettici verso lo stato; nell'Islam invece non c'è possibilità di distinguere un potere spirituale da quello politico: l'idea di califfato è quella di una stretta unità tra potere politico e potere spirituale.

Si obbietterà che nel Medioevo il potere della Chiesa era intrecciato a quello politico, ricordando il concetto di sacro Romano Impero e i vescovi-conti, ma anche in quel periodo esisteva una distinzione e anzi una contrapposizione tra i due poteri, politico ed ecclesiastico, per quanto intrecciati essi fossero. Non vi fu mai una figura di Papa-Imperatore anche solo lontanamente paragonabile a un Califfo. Non capire questo vuol dire non avere intelligenza dei termini che si usano. E la commistione creatasi coi vescovi-conti (poco prima dell'anno Mille) venne molto presto sentita come inaccettabile dal movimento per la libertas Ecclesiae, che già nel 1059 produceva una forte reazione (con lo Statutum de electione papae) e con Gregorio VII affrontò in modo deciso l'ingerenza del potere imperiale nella vita della Chiesa. Certo, tutta la storia del medioevo europeo è storia di rapporto tra Chiesa e stato, ma precisamente di rapporto: tra due entità distinte.

Nell'Islam invece non si prevede alcuna distinzione tra "ciò che è di Cesare e ciò che è di Dio". E la religione coranica ha una fortissima impronta giuridica e sociale, nel senso che è concepita per essere applicata a regola di una società civile e politica.

 

8) conclusione

Come si vede le differenze non sono poche nè lievi. Per un cristiano è bene esserne consapevole, ricordando quanto la Chiesa ha sempre insegnato, ossia che non vi è salvezza se non in Cristo, Uomo-Dio, crocifisso e risorto (si veda anche la recente Dominus Jesus, contro l'indifferentismo religioso, che equipara il Cristianesimo alle religioni).

Perciò l'atteggiamento del cristiano verso chi è mussulmano non può che essere missionario: non possiamo non desiderare che l'altro incontri Cristo, nostra pace, possibilità di letizia e salvezza dal male. Ciò, ovviamente, senza impazienze nè atteggiamenti di proselitismo superficiale e mosso da motivi di meschina egemonia politica: ciò che deve importare, sempre, è la persona.

Comunque vi possono essere anche dei campi in cui cristiani e mussulmani (almeno quei mussulmani che cercano con sincerità di obbedire a Dio, Infinito e trascendente) possono essere uniti,  e ciò è già stato realtà (in varie conferenze dell'ONU): pensiamo alla difesa della vita contro l'aborto, o alla difesa della famiglia naturale; in generale cristiani e mussulmani dovrebbero dialogare senza preconcetti o rancori, ma anche sulla base di chiarezza e sincerità reciproca. E' una sfida che si può e che vale la pena affrontare.


📖 Testi on-line

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Per un approfondimento sintetico e preciso: una conferenza del professor Samir su ORIGINI E NATURA DELL’ISLAM

su aspetti teorici

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lo schiavismo islamico: una realtà da conoscere meglio

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Per un giudizio

I. nella metà campo cristiana

II. nella metà campo mussulmana


III. Europa e Islam