L'animalismo
che cos'è
Non è semplicemente un generico “voler bene agli animali”, desiderare che non soffrano e che godano di condizioni di vita abbastanza buone.
Non occorre perciò essere animalisti per opporsi
- alla vivisezione, se scientificamente inutile
- alla caccia
- al maltrattamento degli animali (almeno di quelli superiori, diciamo dei vertebrati)
L'animalismo è l'equiparazione (qualitativa) degli animali all'uomo, ossia la negazione che esista una differenza qualitativa tra animali e uomo. Per il pensiero animalista esisterebbe una differenza solo quantitativa tra l'uomo (con un cervello più complesso) e gli animali (con un cervello meno complesso).
Occorre perciò essere animalisti per credere
- che gli animali pensino
- che gli animali abbiano dei diritti paragonabili a quelli dell'uomo
- che, ad esempio, l'uccisione di un animale sia un assassinio.
Concetti correlati all'animalismo sono quelli di specismo, avversato dagli animalisti in quanto afferma la superiorità dell'uomo sulle altre specie viventi e di anti-specismo, che invece sostiene l'equivalenza di tutte le specie viventi.
cerchiamo ora di argomentare l'insostenibilità dell'animalismo.
gli animali pensano?
Certo, la risposta a questa domanda dipende da che cosa si intenda per pensare: in una concezione empiristica o materialistica del pensiero, come attività puramente neurologico-cerebrale, può trovare spazio e legittimità la tesi che non ci sia differenza qualitativa tra il pensiero umano e le forme di conoscenza degli animali.
Noi però crediamo, con Aristotele e il pensiero cristiano (ad esempio, ma non solo, patristico e medioevale) che pensare implichi cogliere l'universale sollevandosi al di sopra del qui ed ora, collocando il qui ed ora, l'immediato, in un contesto totale. Pensare insomma vuol dire aver presente la totalità e collocare l'immediato nella totalità. Questo l'uomo lo fa, gli animali no.
il senso dell'umorismo
Una prova della assenza di un vero e proprio pensiero negli animali è l'assenza in essi di senso dell'umorismo: gli animali non ridono. Per avere senso dell'umorismo infatti bisogna paragonare un fatto con il diritto, l'essere con il dover-essere e constatare una sproporzione, cioè bisogna appunto collocare un immediato nella totalità, vedendo che quell'immediato particolare è difforme, in modo non tragico (non implicando una rovina che faccia paura), da come dovrebbe essere.
la prova del linguaggio
Una ulteriore prova che solo l'uomo pensa è il fatto che solo l'uomo ha un linguaggio articolato e capace di esprimere ipotesi, argomenti, progetti complessi e di lungo termine, mentre gli animali, anche superiori, hanno un linguaggio estremamente ridotto, che esprime stati d'animo e desideri immediati (/progetti di breve termine e non complessi).
animali e anima
Comunque, c'èun argomento che taglia corto sulla questione: per sostenere che non ci sia una differenza qualitativa tra animali e uomo bisogna sostenere una delle due seguenti tesi
- o l'uomo non ha l'anima (spirituale e immortale)
- o anche gli animali hanno l'anima (spirituale e immortale).
La seconda tesi non ci risulta sia seriamente sostenuta da nessuno di tradizione ebraico-cristiana occidentale, anche perché crede nell'esistenza di un'anima (spirituale e immortale) solo chi crede in Dio; essa è invece sostenuta da culture asiatiche, che parlano di trasmigrazione delle anime, di metempsicosi.
La prima tesi è invece sostenuta da molti materialisti.
È comunque evidente che nessun cristiano può aderire né all'una né all'altra tesi, dato che
- l'uomo deve avere un'anima, visto che è destinato a un premio o a un castigo eterni, è destinato all'immortalità;
- gli animali non possono avere un'anima, perché non hanno responsabilità morale, libero arbitrio e non sono destinati a una vita ultraterrena.
diritti degli animali?
Noi crediamo che questa espressione sia impropria: solo l'uomo ha dei diritti. Le regole che è giusto l'uomo osservi nei confronti degli animali hanno come motivazione non il rispetto di diritti degli animali, ma l'obbedienza a Dio creatore della natura e il bene dell'uomo che ne deriva.
In questo senso ci appare per molti versi grottesca e discutibile nel suo goffo scimmiottamento della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, la Dichiarazione universale dei diritti dell'animale, del 1978.
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