Inquisizione sotto inquisizione
Riportiamo alcuni frammenti da L'Inquisizione sotto inquisizione:
Una fruttuosa visita alle carceri
Nell'aprile 1306, a Carcassonne, i Cardinali visitano personalmente le prigioni. Vi si trovano 40 "emmurés" (prigionieri). Essi ascoltano le loro lamentele e ordinano immediatamente di trasferirli in prigioni superiori non appena queste fossero state riattate. Essi decidono inoltre che le guardie vengano rimpiazzate (esse saranno destituite qualche giorno, dopo), così come gli altri impiegati della prigione; e che tutte le provviste che vengono loro inviate vengano integralmente consegnate. Il Vescovo di Carcassonne potrà accordare loro il diritto alla passeggiata "per carrieras muri largi", cioé nei corridoi ',della prigione. Infine essi danno ordine di accordare ai malati e agli anziani un trattamento speciale e, in particolar modo, una prigione ("conclave") in buono stato ("reparata"). I nuovi guardiani devono prestare giuramento. Un mese più tardi, uno dei Cardinali visita di nuovo le prigioni. Ascolta gli "emmurés". Li osserva. Constata la loro brutta sorte. Ordina che a processo in corso ("negotio predicato pendente"), i prigionieri vengano liberati dalle loro catene, che le prigioni ("bona et secura custodia") siano provviste di finestre ("clarificentur"), che tre o quattro celle siano costruite nel solaio e che siano migliori e più sopportabili ("leviores") di quelle dove essi sono rinchiusi attualmente.
I nuovi guardiani, tra cui un monaco, dovranno prestare giuramento sui quattro Vangeli, giurare di osservare il segreto, dare prova di "sollecitudine" nei confronti dei prigionieri e consegnare "fideliter", e senza prendere niente, le provviste che avranno fatto consegnare il Re, il Vescovo, gli amici, i parenti o chiunque altro. "L'anno seguente, Castanet, Vescovo di Albi, fu sospeso dal potere spirituale e da quello temporale": gli si rimproverava senz'altro di avere lasciato andare le cose troppo lontano. Queste forme di clemenza, questa capacità di perdono, usiamo il termine: questa umanità, non corrispondono molto all'immagine che ci si è fatta comunemente dell'Inquisizione. Ciò si spiega col fatto che gli uomini del Medio Evo hanno coscienza della debolezza radicale dell'uomo e di quale sia la rude brutalità che li anima; hanno tuttavia il senso del perdono, o almeno un certo senso del perdono.
Anche i recidivi
Anche nei confronti dei recidivi, conosciamo indulgenze assai stupefacenti: in un registro di sentenze del 1246-48, si contano 60 casi di recidivi, di cui nessuno è punito con pena più severa della prigione, e tra essi, alcuni nemmeno con la prigione a vita, contrariamente alla Dottrina.
H. C. Lea si meraviglia, a più riprese (cfr. I, 612), che il recidivo venisse consegnato ai tribunali secolari, "senza nemmeno venire ascoltato di nuovo". A parte che questa affermazione non corrisponde ai fatti, poiché abbiamo appena visto commutare le pene ordinarie ai recidivi, bisogna tenere conto del fatto che il recidivo aveva giurato di rinunciare ai suoi errori prima di essere rimesso in libertà. Si trovava dunque nella situazione, oggi classica, di un delinquente graziato prima di avere espiato totalmente la sua condanna, e che, recidivo, si espone a pagare integralmente la sua pena senza altre forme 'di processo. Il condannato che ritrattava ai piedi del rogo e rinnegava i suoi errori, veniva riaffidato all'Inquisizione per un nuovo esame, destinato a verificare la veridicità della sua strana conversione in extremis, quando l'uomo aveva resistito a mesi di prigione, di interrogatori e di dotte discussioni.
In certi casi, la conversione era sospetta a tal punto che la condanna seguiva il suo corso: la sola differenza consisteva nel ricorso alla garrota; il cadavere veniva bruciato, per non profanare la terra cristiana. Se l'inquisitore e il Vescovo avevano qualche motivo per credere alla sincerità del mal capitato, lo mettevano alla prova sul campo: E' egli disposto a denunciare, in modo "pronto e volontario", tutti i suoi complici? E' disposto a perseguitarli "con segni, parole e azioni"? A "detestare e abiurare" i suoi passati errori? Se egli si impegnava in questo senso, "fuori da ogni costrizione", riceveva come castigo la prigione a vita.
La tortura
Se c'è un'immagine intimamente legata all'Inquisizione, è proprio la tortura. Infatti, nell'inconscio collettivo, essa riassume e simboleggia (insieme al rogo!) tutta la storia di questa istituzione. Feroce, sadica, con i suoi cavalletti, il suo supplizio della corda, la torcia infiammata e cento "modi nuovi di tortura", precisa il dotto Dictionnarie di Theologie Catholique, alla voce Inquisition, che aggiunge che "i membri del tribunale, Inquisitori e soci, non si sottraggono dall'assistere alle sedute di tortura, o di applicarla essi stessi" (il corsivo è mio). Ci sono sadici ovunque, i sinistri Einsatzkommando nazisti comprendevano non pochi intellettuali. Il Dizionario commenta questa presenza troppo attiva: "Gli accusati non guadagneranno nulla nel cambiamento di programma". (Roma interviene allora, nel 1311, per porre un termine agli abusi di questo genere, ma non sempre con successo). In ogni modo, qualunque sia stata la realtà, la tortura è identificata con l'Inquisizione, come se tutti i sospettati venissero d'ufficio torturati e poi condannati al rogo.
Per fortuna, non si trattò di questo. Per cominciare, la tortura non è un'invenzione dell'Inquisizione medioevale. Nel IX secolo, Papa Nicola I aveva dichiarato che questo metodo di inchiesta "non era ammesso né dalle leggi umane né dalle leggi divine". Fu lo sviluppo del diritto romano nel XIII secolo che riportò questa pratica, all'inizio nella giustizia secolare (Codice Veronese 1228; Costituzioni Siciliane di FedericoII, 1231), e poi nella giustizia inquisitoriale, nel Mezzogiorno della Francia, verso il 1243. Papa Innocenzo IV non ne autorizzò l'uso che nel 1252, decisione confermata in seguito dai Papi Alessandro IV (1259) e Clemente IV (1265). Fu tuttavia stabilito che la tortura dovesse sempre essere applicata senza che l'integrità fisica o la vita dell'accusato fossero messe in pericolo - "citra membri diminutionem et mortis periculum".
Nel XII e XIV secolo, i mezzi utilizzati erano quelli del cavalletto, del supplizio della corda e della torcia, e dei carboni ardenti. In seguito, la malvagità degli uomini ne inventò altri.
Si lasciavano piccole pause per permettere all'Inquisitore di fare delle domande. Il notaio annotava le risposte. Ogni seduta durava circa mezz'ora. Il notaio chiedeva al mal capitato, tempo dopo, se si ricordava di ciò che aveva detto sotto l'effetto della tortura; diceva: "Ebbene, ridillo ora in tutta libertà", e annotava la risposta. Se in quel momento il sospettato rinnegava ciò che aveva detto sotto l'impulso della sofferenza, si doveva passare ad una nuova seduta. Eymerie, Inquisitore catalano, stimava che ci sarebbe stato "eccesso di crudeltà," se si fosse ricominciata più di due volte la serie completa dei "tormenti". In ogni caso, le dichiarazioni (spontanee o no) ottenute nel corso dell'inchiesta,, erano considerate molto più importanti di quelle ottenute grazie alla tortura. Gli Inquisitori erano coscienti della fragilità delle affermazioni fornite in simile modo, "quaestiones sunt fallaces et inefficaces", scrive Eymerie.
Inoltre, come sempre accade nelle cose umane, vi furono eccessi d'ogni tipo. Al fine di sanare queste situazioni, Papa Clemente V decise (con la sua Constitutio Multorum Querela de 1 1311) che l'Inquisitore non poteva far sottoporre alla tortura un imputato senza l'autorizzazione del Vescovo, e viceversa. Non è sicuro che questa Costituzione sia stata osservata.
Un autore scrive: "In principio, la tortura non poteva essere impiegata che quando il soggetto aveva cambiato parere durante le sue deposizioni e quando numerosi e seri indizi autorizzavano a ritenerlo colpevole. Occorreva un inizio di prova. D'altronde, il supplizio non era permesso, che per stabilire la colpevolezza; a tal segno che, se l'Inquisitore poteva raggiungere in altro modo la prova giuridica, doveva fare a meno della tortura. Il suo dovere era di evitarla il più possibile; egli non vi si decideva che dopo aver utilizzato tutti gli altri mezzi e atteso a lungo. Solo quando fosse persuaso che il sospettato negasse sistematicamente, e in questo caso soltanto, lo avrebbe destinato al supplizio; ma, anche allora, egli doveva esortarlo fino all'ultimo minuto, cioé doveva ritardare la tortura il più possibile".
Certi accusati riuscivano ad emergere vincitori, se non indenni, da queste temibili prove (il che dimostra, almeno, che esse non raggiungevano il livello di quelle che avrebbero messo a punto i regimi nazista e comunista). Bernard Délicieux, frate minore, morto nel 1320, sottoposto tre volte alla tortura e a 26 interrogatori, vi sopravvisse. In compenso, se così si può dire, fu condannato alla perdita dei diritti civili e alla prigione perpetua, dove mori.
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