Il linciaggio in corso contro Pio XII ha qualcosa di osceno. Prendiamo L'Unità che punta il dito sul Papa in quanto "non condannò le atrocità dei nazisti". È falso, condannò a rischio della sua vita. Ma è un segno dei (brutti) tempi che ad accusare sia proprio il giornale del Pds che in questi giorni ha rifiutato di spendere anche una sola parola di condanna per l'immenso macello del comunismo. Del resto pure sull'antisemitismo il movimento comunista ha da battersi il petto. Si comincia con l'antisemitismo ideologico di Marx (che pure era nipote di un rabbino). Nella Questione ebraica affermava che "bisogna emancipare la società dall'ebraismo" (la sua tesi: "Qual è il Dio terreno dell'ebreo? Il denaro"). È un antisemitismo che deriva dall'ambiente hegeliano (ma anche da intellettuali come Voltaire).

L'antisemitismo di Stalin sarà sanguinario, complice di Hitler nel 1939, e proseguirà dopo la guerra con le deportazioni e le purghe antiebraiche. Ma anche l'atteggiamento recente della sinistra italiana verso Israele dovrebbe consigliare qualche pentimento all'Unità (si veda La sinistra e gli ebrei in Italia di Maurizio Molinari). Tuttavia oggi i postcomunisti sono in prima fila contro Pio XII. Un linciaggio stupefacente perché quel Papa è stato obiettivamente un eroe e la Chiesa può e deve andarne orgogliosa (anche proclamandolo santo). Riassumiamo i fatti. Dilagava il regime nazista fondato su una folle ideologia neopagana basata sull'odio cieco per gli ebrei e anche per il cristianesimo. Infatti allo sterminio del popolo ebreo si accompagnano le sistematiche persecuzioni anticattoliche (chiusura di conventi, scuole, confische e arresti) e il martirio di preti (circa tremila) e la deportazione di masse di cattolici soprattutto in Polonia. È storicamente documentato che anche per la Chiesa Hitler aveva in progetto una "soluzione finale" (la cancellazione) da realizzare appena vinta la guerra.

Già nel periodo bellico aveva approntato un piano per l'invasione del Vaticano e per la deportazione e l'eventuale uccisione di Pio XII (documentato a Norimberga). Questo non solo perché il Papa, inerme, prigioniero in Vaticano, a rischio della sua vita, continuava a gridare urbi et orbi contro l'ideologia nazista e in difesa di "centinaia di migliaia di innocenti uccisi solo a causa della loro nazionalità o razza". Non solo perché stava concretamente salvando circa 800mila ebrei dal genocidio in Ungheria, Olanda, Romania, Polonia, Francia, Germania e innanzitutto a Roma e in Italia (anche a costo di far inasprire la persecuzione anticattolica). Ma anche perché, come ha dimostrato Owen Chadwick (Britain and the Vatican during the Second World War), il Papa era arrivato al punto di partecipare, nell'inverno '39-40, a un complotto per il rovesciamento di Hitler. Il progetto saltò anche per l'indisponibilità degli inglesi, ma D'Arcy Osborne, ambasciatore britannico presso la Santa Sede, dichiarerà ammirato: "Mai in tutta la storia un Papa si è impegnato in una cospirazione tanto delicata per rovesciare un tiranno con la forza". Per raccontare tutto ciò che Pio XII fece per salvare tanti ebrei dal genocidio occorrerebbero decine di volumi, tanti quanti sono quelli Actes et documents du Saint-Siège relatifs à la seconde Guerre mondiale, che naturalmente nessuno di coloro che pontificano dai giornali ha letto.

Allora basti la parola dei protagonisti. Nel dopoguerra le associazioni ebraiche ebbero per Pio XII riconoscimenti eccezionali. Nahum Goldmann, presidente del Congresso mondiale ebraico, scrisse: "Con particolare gratitudine ricordiamo tutto ciò che egli ha fatto per gli ebrei perseguitati durante uno dei periodi più bui della loro storia" (come segno di riconoscenza nel 1945 il Congresso donò 20mila dollari per le opere di carità del Vaticano). Un simbolo d'Israele come Golda Meir scrisse: "Durante i dieci anni del terrore nazista, quando il nostro popolo attraversò gli orrori del martirio, il Papa levò la sua voce per condannare i persecutori ed esprimere solidarietà alle vittime. La vita del nostro tempo è stata arricchita da una voce che ha espresso le grandi verità morali". Il rabbino capo di Roma Israel Zolli (che fra l'altro si convertì al cattolicesimo prendendo il nome di Eugenio, proprio in onore di papa Pacelli) scrisse: "Ciò che il Vaticano ha fatto sarà scolpito in modo indelebile e per l'eternità nei nostri cuori". Ma allora come e quando nasce la leggenda su Pio XII? La svolta è del 1963. Un drammaturgo tedesco, Rolf Hochhuth, infischiandosene dei fatti storici, mise in scena un testo, Il Vicario, in cui il Papa veniva rappresentato come un pavido e veniva accusato di colpevole silenzio, di connivenza con lo sterminio degli ebrei. Era una tale falsità che anche dal mondo ebraico vi furono proteste. Per esempio Joseph Lichten, autorevole membro dell'associazione umanitaria Anti Defamation League, scrisse un pamphlet in difesa del papa (Pio XII e gli ebrei, Edb).

Eppure da allora l'invenzione del drammaturgo prevalse sulla verità storica universalmente documentata. E oggi il linciaggio morale del Vaticano dilaga e colpisce tutta la Chiesa. Eppure anche un grande testimone della comunità ebraica come Albert Einstein, ricordando la resistibile ascesa del nazismo in Germania, ebbe a scrivere: "Solo la Chiesa rimase ferma in piedi a sbarrare la strada alle campagne di Hitler per sopprimere la verità. Io prima non ho mai provato nessun interesse particolare per la Chiesa, ma ora sento nei suoi confronti grande affetto e ammirazione, perché la Chiesa da sola ha avuto il coraggio di sostenere la verità".

L'inerme eroismo della Chiesa risalta se paragonato all'atteggiamento dei governanti alleati, che ben protetti dai loro eserciti non fecero nulla. Un po' perché non si credeva ai testimoni del genocidio che riuscivano ad arrivare in Occidente. E un po' per indifferenza. Il 13 dicembre 1942 Goebbels annota perfidamente nel suo diario: "Credo che sia gli inglesi, sia gli americani siano contenti che noi sterminiamo la marmaglia giudaica". Forse non era vero (come invece lo era per Stalin), ma nonostante gli appelli delle organizzazioni ebraiche a bombardare la ferrovia per Auschwitz o a prendere altre iniziative, nessuno dei potenti fece nulla. Del resto anche all'interno del mondo ebraico sono divampate polemiche scottanti. Wlodek Goldkom, in un saggio su Micro-mega, illustrò il dibattito emerso in Israele sulla "passività dei leaders del movimento sionista e in particolare di Ben Gurion, che non avrebbe fatto nulla per salvare gli ebrei dallo sterminio (in effetti, non fece praticamente nulla)". Accadde che "mentre l'Olocausto è ancora in corso giungono in Palestina persone che sono riuscite a fuggire dalla Polonia occupata dai nazisti. Arrivate fino ai dirigenti dello Jushuv (la comunità ebraica in Palestina) forniscono un rapporto dettagliato sulla situazione in Polonia. In risposta, viene dato loro il consiglio di tacere. E tacciono".

Di recente, sempre nel mondo ebraico, è divampata la dolorosa polemica storica sulle "collaborazioni" di ebrei con il nazismo. Ad aprire questa riflessione fu il celebre attacco che l'intellettuale ebrea Hannah Arendt trent'anni fa sferrò contro l'atteggiamento della "dirigenza ebraica" di fronte ai nazisti. L'autorevole Lichten scrive che proprio sulla scia di queste scottanti polemiche interne "alcuni dirigenti ebrei, che a suo tempo non ebbero che parole di lode per il lavoro svolto da Pio XII in difesa degli ebrei, ora puntano il dito contro di lui accusandolo, capovolgendo di fatto la posizione che avevano mantenuto per 15-20 anni".

Poi il conformismo, la pavidità e l'incompetenza di molti hanno fatto il resto. Alla fine può uscirne infangata una figura luminosa come Pio XII che né il nazismo, né lo stalinismo erano riusciti a demolire. Anche se Lichten conclude: "Lasciate pure che alcuni dicano quello che vogliono. La fama di Pio XII come vero vicario di Cristo, come uomo che, per quanto gli fu possibile, cercò di svolgere pienamente e coraggiosamente la missione affidatagli, non ne verrà intaccata".

 

 Tratto da Il Giornale 18 marzo 1998