Bonaventura da Bagnoregio

il filosofo di San Francesco

🪪 Cenni sulla vita

Giovanni Fidanza, nato a detta anticamente anche BagnoreaBagnoregio, presso Viterbo, nel 1217 (o nel 1221, secondo alcuni studiosi). Per gratitudine a Dio, in seguito (sembra) alla guarigione da una seria malattia, per intercessione di S.Francesco d'Assisi, assunse, entrando nell'ordine fondato dal Poverello, il nome di Bonaventura.

Giotto, morte del cavaliere da Celano
povertà e umiltà caratterizzano il Santo di Assisi

Per la sua grande intelligenza poté dedicarsi agli studi, filosofici e teologici, a Parigi e all'università di quella città insegnò per diverso tempo, insieme all'altro grande lume del Medioevo filosofico, Tommaso d'Aquino. Con lui difese, contro le incomprensioni del “clero secolare” il valore della nuova vita religiosa degli Ordini Mendicanti; ma da lui lo divise un diverso accento nel modo di concepire il rapporto filosofia/teologia.

Divenne anche Ministro generale dell'Ordine dei frati minori di S.Francesco, dimostrando in tale compito grande saggezza e senso di equilibrio, contrastando gli eccessi dei “fraticelli” più estremisti, che premevano per una interpretazione ultrarigorosa dell'ideale di povertà, ma richiamò al contempo a un sempre rinnovato ritorno allo spirito originario di S.Francesco, evitando ogni imborghesimento.

Un aneddoto può illustrarne l'atteggiamento: quando giunsero a lui i legati pontifici col compito di conferirgli la dignità cardinalizia, Bonaventura stava lavando i piatti; ebbene volle completare prima tale umile attività, come l'avrebbe continuata a fare qualsiasi altro semplice frate, dimostrando di non porre negli onori umani la sua consistenza.

Scrisse numerose opere di carattere teologico e mistico ed importante fu la Legenda maior, biografia ufficiale di San Francesco, a cui si ispirò Giotto per il ciclo delle Storie di San Francesco. Fu nominato vescovo di Albano e cardinale. Partecipò al II Concilio di Lione che, grazie anche al suo contributo, segnò un riavvicinamento fra Chiesa latina e Chiesa greca. Proprio durante il Concilio, morì a Lione, il 15 luglio 1274.

📔 Opere principali di Bonaventura da Bagnoregio

titolo originale titolo tradotto anno
SoliloquiumSoliloquio[data incerta]
Lignum vitaeIl legno della vita[data incerta]
De perfectione vitae ad sororesLa perfezione di vita, alle sorelle[data incerta]
De sex alis seraphimLe sei ali dei serafini[data incerta]
Officium de passione DominiSulla passione del Signore[data incerta]
Vitis mysticaLa vite mistica[data incerta]
De regno Dei descripto in parabolis evangelicisIl regno di Dio nelle parabole evangeliche[data incerta]
Commentaria in Quatuor Libros SententiarumCommento ai Libri delle Sentenze di Pietro Lombardo1250-54
De scientia ChristiLa scienza di Cristo1254
De mysterio Trinitatis (q.disputata)Il mistero delle Trinità1254
BreviloquiumBreviloquio1254/7
De reductione artium ad theologiamLa ricapitolazione delle arti nella teologia1256
Quaestiones per perfectione evangelicaQuestioni sulla perfezione evangelica1256
Itinerarium mentis in DeumL'itinerario della mente verso Dio1259
Legenda Sancti FrancisciSan Francesco d'Assisi1261
Collationes de decem praeceptisConferenze sui dieci comandamenti1267
Collationes de septem donis Spiritus SanctisI sette doni dello Spirito santo1268
Collationes in HexaemeronConferenze sull'Esamerone1273

pensiero

omnes cognitiones famulantur theologiae
multiformis sapientia Dei, quae lucide traditur in sacra Scriptura, occultatur in omni cognitione et in omni natura (dal De Reductione artium ad theologiam, n.26)

è il maggior filosofo francescano, con Duns Scoto. Rispetto a questi in lui si trova un minor grado di complessità filosofica, ma in compenso un maggiore e più diretto riverbero dello spirito di S.Francesco.

Del Santo di Assisi S.Bonaventura assimila soprattutto la forte componente affettiva, che, tradotta in termini speculativi, significa per lui attingere a piene mani a S.Agostino, e la percezione della bellezza del cosmo come segno particolarmente persuasivo di Dio (e in ciò egli supera Agostino). Oltre Agostino del resto Bonaventura va integrando, per quanto in termini molto meno massicci di Tommaso d'Aquino, concetti e temi aristotelici.

alcuni punti essenziali

Vediamo anzitutto alcuni punti qualificanti del pensiero di Bonaventura, per poi considerare alcune sue opere particolarmente significative.

Dio

L'esistenza di Dio, pur non essendo immediatamente evidente, è facilmente argomentabile: Bonaventura non dedica molto spazio a una elaborazione “tecnica” delle prove.

Bonaventura ad esempio argomenta che se vi è dell'ente possibile, ci deve essere l'ente necessario, se c'è l'essere relativo, ci deve essere l'Essere assoluto, se c'è l'essere per partecipazione, ci deve essere l'Essere per essenza.

Gli argomenti bonaventuriani sono sia a-posteriori, come quelli appena accennati, sia a-priori (riprende la prova anselmiana).

il mondo

Nel modo di concepire il mondo si dà una recezione di temi aristotelici (l'ilemorfismo, in particolare) assimilati peraltro in un quadro agostiniano:

Tutte queste tesi convergono nel fondare una complessiva debolezza ontologica della creatura rispetto al Creatore, la cui sovranità sul creato risulta così esaltata.

Altra tesi di Bonaventura riguardo al creato è che la ragione può dimostrarne la finitezza temporale. In ciò egli dissentiva da Tommaso d'Aquino, per il quale solo la fede ci può assicurare che il mondo abbia avuto inizio (non essendovi a suo avviso contraddizione nell'idea di una creazione ab aeterno). Per il dottore francescano invece pensare il mondo come eterno dà luogo a contraddizioni, come quella di avere due infiniti (il numero di rivoluzioni del sole attorno alla terra e quello della luna attorno alla terra) uno dei quali dodici volte maggiore dell'altro, e come quella di non poter mai arrivare all'oggi, non potendosi attraversare, per giungere al giorno attuale, un numero infinito di giorni.

l'uomo

rapporto anima/corpo

Anche qui troviamo una sintesi tra la tradizione platonico-agostiniana e l'aristotelismo: per Bonaventura l'anima è al tempo stesso la forma del corpo (cfr. Commento alle Sentenze, 2, 18, 2,1) e sostanza, ilemorficamente composta (l'anima infatti è sia attiva, il che rimanda a un principio formale, sia passiva, il che implica la presenza in lei di una dimensione di materia, seppur “spirituale”); in altri termini l'anima è -agostinianamente- in qualche modo completa in sé stessa e -aristotelicamente- strutturalmente orientata ad informare il corpo: in effetti l'unione tra anima e corpo non comporta detrimento per nessuna delle due componenti, ma reciproco perfezionamento.

L'anima è superiore al corpo, e infatti è immortale. Della immortalità Bonaventura fornisce diverse prove, ma quella preferita è l'impossibilità che il desiderio di perfetta felicità vada frustrato, come invece avverrebbe se l'anima fosse mortale.

rapporto anima/facoltà

Non esiste distinzione netta tra l'anima e le sue facoltà, o potenze. Ad esempio intelletto attivo e passivo agiscono concordemente astraendo le specie intelligibili, cooperano cioè entrambi a un unico atto completo di intellezione.

Così non vi è separazione tra intelligenza e affettività: è l'anima stessa che intende e vuole attraverso l'intelletto e la volontà.

Questo raccoglimento, per così dire, dell'anima in sé stessa è legato alla tesi della sussistenza sostanziale dell'anima, mentre Tommaso d'Aquino, che risolve l'anima nell'essere forma del corpo, sostiene una netta distinzione delle potenze (dall'anima e tra loro).

la conoscenza

Aristotelicamente Bonaventura nega l'esistenza in noi di idee innate: nemmeno i principi lo sono, e tutti i contenuti della conoscenza sono tratti dai sensi.

Tuttavia, agostinianamente, perché la conoscenza raggiunga la sua piena statura occorre l'illuminazione: attraverso il Verbo, che pure non vediamo, le rationes aeternae gettano sulla nostra conoscenza una luce che ci permette di avere certezze indubitabili e stabili sulla realtà; tali certezze non potremmo raggiungere se ci basassimo solo su noi stessi, che siamo mutevoli e soggetti al dubbio.

l'Itinerarium mentis in Deum

Tra i tanti temi da lui sviluppati forse un posto di particolare importanza merita il discorso della ascesa dell'anima a Dio nell'Itinerarium mentis in Deum.

Per arrivare a Dio occorre, a livello metodologico una sinergia di intelligenza e affettività:

Per questo, prima di tutto, io invito il lettore al gemito della domanda, fatta nel nome di Cristo crocifisso, per il cui sangue siamo purgati dalle brutture dei vizi, affinché non creda che basti leggere senza infervorarsi, lavorare col raziocinio senza coltivare la devozione, indagare senza lo stupore, analizzare con circospezione senza abbandonarsi alla gioia (della totalità), operare attivamente senza preghiera, possedere la scienza senza la carità, l'intelligenza senza l'umiltà, lo studio senza la grazia divina, la riflessione, senza la sapienza ispirata dall'alto.
A quelli dunque che, prevenuti dalla grazia divina, agli umili e pii, che hanno nel cuore pentimento e devozione, unti dall'olio della santa letizia e amanti della sapienza divina, e infiammati dal desiderio ardente di essa, bramano dedicarsi a glorificare Dio, a cantarne le meraviglie, ma anche a gustarne le dolcezze: a costoro io propongo le mie riflessioni.
Però faccio notare: poco o niente giova uno specchio messo davanti a noi dall'esterno, se non è terso e limpido lo specchio interiore del nostro spirito.
Ed allora, uomo di Dio, datti da fare, prima, per togliere di mezzo i rimorsi della coscienza: dopo leverai gli occhi agli splendori della sapienza, luminosamente riflessi nello specchio dell'anima.
Così non ti accadrà di precipitare, abbagliato proprio dai suoi raggi, in tenebre più angosciose.

E' il creato il luogo in cui Dio si manifesta: nel creato si imprime infatti l'impronta del Creatore, nell'essere si irraggia qualcosa dell'Essere:

Cum enim secundum statum conditionis nostrae ipsa rerum universitas sit scala ad ascendendum in Deum; et in rebus quaedam sit vestigium, quaedam imago, quaedam corporalia, quaedam spiritualia, quaedam temporalia, quaedam aeviterna, ac per hoc quaedam extra nos, quaedam intra nos: ad hoc, quod pervenimus ad primum principium considerandum, quod est spiritualissimum et aeternum et supra nos, oportet nos transire per vestigium, quod est corporale et temporale et extra nos, et hoc est deduci in vita Dei; oportet nos intrare ad mentem nostram, quae est imago Dei aeviterna, spiritualis et intra nos, et hoc est ingredi in veritale Dei; oportet nos transcendere ad aeternum, spiritualissimum, et supra nos, aspiciendo ad primum principium,et hoc est laetari in Dei notitia et reverentia maiestatis.

Contenutisticamente l'ascesa a Dio si scandisce in tre tappe (ognuna delle quali a sua volta divisa in due):

  1. il mondo sensibile, vestigium Dei
  2. l'anima, in quanto realtà naturale, imago Dei
  3. l'anima, in quanto abitata soprannaturalmente dal Mistero trinitario, in Cristo, similitudo Dei

il mondo, vestigium Dei

la predica di S.Francesco agli uccelli
nel pensiero di Bonaventura vibra la nuova percezione francescana della natura.

L'importanza data alla prima tappa, il mondo sensibile è ciò che differenzia Bonaventura da Agostino, in forza dell'eredità francescana, che gli consente di recuperare qualcosa della impostazione aristotelica, più valorizzatrice del livello corporeo.
Il mondo può essere letto come un segno, un simbolo del Trascendente: tutto parla di Dio, e permette perciò di risalire a Lui. Non occorre fuggire dalla realtà, ma è nella realtà, anzitutto materiale, che l'uomo trova la testimonianza del Creatore invisibile.

Secondo Bonaventura la realtà ci parla di Dio non solo nella unità della Sua natura, ma ne annuncia anche il Mistero trinitario: ad esempio la conoscenza delle cose corporee è simbolo della processione del Figlio dal Padre. Come dalla cosa si stacca una immagine, così dal Padre è generato il Figlio, e come l'immagine della cosa si unisce all'organo sensoriale corporeo, così il Verbo si è unito alla carne, facendosi Uomo.


l'anima creata, imago Dei

Tuttavia è soprattutto nell'anima che Dio si rivela: il mondo è solo un vestigium, mentre l'anima è imago Dei. Tra l'altro testimonia e parla del Mistero trinitario, come già per S.Agostino, la tripartizione dell'anima in memoria (che rimanda in particolare al Padre), intelletto (che rimanda al Verbo) e volontà (che rimanda allo Spirito Santo, come Amore del Padre e del Figlio).

l'anima redenta, similitudo Dei

Più di tutto ci dice chi è Dio l'anima in stato di grazia, l'anima abitata da Cristo: nessuno più del santo ci mostra il volto di Dio. Non basta perciò uno spiritualismo generico. L'uomo non è solo corpo e anima: ma l'anima stessa deve superarsi, dilatarsi, accettando una misura più grande: l'Ospite che ci inabita e chiede di crescere in noi.

le Collationes in Hexaemeron

Non fu scritto di suo pugno : fu una reportatio, come spesso accadeva; nemmeno il titolo è suo (nel codice senese del Delorme si parla di Illuminationes de operibus VII dierum). Da notare che per la sua struttura logica si tratta di un testo da un lato incompiuto e (letteralmente) "complicato", ma al contempo in qualche modo completo in ogni sua singola parte. Ed è per questo che intendiamo proporne dei punti salienti, non preoccupandoci di riportarne lo svolgimento totale, che lasciamo a una vostra lettura diretta.

1. destinatario, punto di partenza e di arrivo del discorso (1a collatio)

In medio ecclesiae aperiet os eius et adimplebit eum Dominus spiritu sapientiae et intellectus et stola gloriae vestiet illum

Bonaventura definisce anzitutto

  1. il destinatario, a cui si rivolge: la Chiesa, il luogo della sapienza.
    Essa, convito di persone ragionevoli (contrapposto all'irragionevolezza della sinagoga)
    • osserva la legge (staccandosi dalla concupiscenza, che rende cani, animati da amore privato, non curante degli altri, e porci, turpemente carnali);
    • è unita nella pace (staccandosi da iracondia e invidia)
    • loda Dio in armonia (staccandosi dalla superbia).
    Ci si deve perciò rivolgere ai fratelli, non alla progenie restia. Come dire che un certo giudizio è comprensibile solo dentro una esperienza, altrimenti restano parole astratte, o peggio, suscitano solo irritazione (come le perle ai porci)
  2. il punto di partenza: Cristo. Occorre prendere le mosse "a medio, quod est Christus", "dal Centro, che è Cristo".

    E' Lui il mediatore, il "principio", nel Quale Dio creò il cielo e la terra, il Verbo che era in principio (10). Lui è perciò il centro di tutte le scienze.

    Cristo è settemplice Centro:

    1. metafisico: come Verbo eternamente generato dal Padre.
    2. fisico: in quanto Verbo incarnato, che permea con potenza tutto.
    3. matematico: in quanto Crocifisso, che nella umiliazione della Croce si colloca al centro della miseria umana
    4. logico: in quanto Risorto; Egli confuta il falso sillogismo del Diavolo, con cui Adamo era stato sedotto: con la sua menzogna di rendere l'uomo come Dio, il Diavolo aveva allontanato l'uomo da Dio; Cristo al contrario, Dio che si fa uomo, avvicina l'uomo a Dio, donando col suo sacrificio ciò che l'uomo aveva preteso arrogantemente. Ora a noi sta accettare quel sacrificio, senza cui non possiamo divenire simili a Dio.
    5. etico: in quanto Asceso in cielo; allo stesso modo "il cristiano deve salire di virtù in virtù, non fissando mai un termine, perchè cesserebbe, con questo, di essere virtuoso" (32).
    6. politico: in quanto Giudice finale, quando retribuirà ciascuno con giustizia assoluta, nè la dannazione di alcuni sarà obiezione, perchè sarà vista come perfettamente giusta ("onde Agostino afferma che bellissimamente i dannati sono collocati all'inferno")
    7. eterno: in quanto Riconciliatore eterno tra l'umanità e Dio.
  3. il punto di arrivo: la pienezza di Sapienza e Intelletto.

📖 Testi on-line

di S.Bonaventura

su S.Bonaventura

📚 Bibliografia essenziale

Bettoni E., S.Bonaventura da Bagnoregio, BFP, Milano 1973

Gilson E., La philosophie de Saint Bonaventure, Vrin, Paris 19843

Vanni Rovighi S., San Bonaventura, Vita e pensiero, Milano 1974

Per un giudizio

Certamente Bonaventura merita di stare accanto a Tommaso d'Aquino come uno dei più grandi geni della cultura cattolica del Medioevo.

Solo l'ingiusto pregiudizio anticristiano vigente nelle scuole tiene lontano dallo studio di questo grande autore chi si accosta alla storia della filosofia.