Husserl

🪪 Cenni sulla vita

Edmond Husserl nasce a Prossnitz, in Moravia (allora regione dell'Impero asburgico), nel 1859, da famiglia ebraica. Di carattere schivo e riservato, compì studi liceali e si laureò in matematica a Vienna, dove incontrò Franz Brentano che lo avvicinò alla filosofia.

La sua vita è povera di particolari eventi esteriori, contrassegnata da riservata regolarità e da assidua laboriosità, i cui frutti vennero solo parzialmente pubblicati durante la sua vita, che peraltro vide importanti riconoscimenti alla sua originalità.

Insegnò alle università di Gottinga (1901/15) e di Friburgo (1916/28). Durante il nazismo, in quanto ebreo (etnicamente ebreo, benché si fosse già nel 1886 convertito al Cristianesimo, sposando cristianamente l'anno dopo una giovane maestra di Prossnitz, da cui avrebbe avuto tre figli), venne allontanato dall'insegnamento. Morì nel 1938.

📔 Opere principali di Husserl

titolo originale titolo tradotto anno
Ideen zu einer reiner Phänomenologie und phänomenologische Philosophie 1913
Logische UntersuchungenRicerche logiche1913-22
Méditations cartesiennesMeditazioni cartesiane1950
Die Krisis der europäischen Wissenschaften und die transzendentale Phänomenologie1954

tornare “alle cose”

Cezanne, natura morta con brocca
anche Cezanne guardava alle cose, nella loro stabilita' essenziale

Husserl è il fondatore della fenomenologia, indirizzo filosofico tra i più importanti del XX secolo. L'atteggiamento fondamentale della filosofia per la fenomenologia è quello di tornare alle cose stesse (zu den Sachen selbst).

Non si tratta di costruire grandiosi edifici, come troppi avevano fino allora fatto, specie nell'Ottocento (si pensi a Hegel, Marx, Comte), senza badare alle fondamenta, partendo per la tangente di una razionalità astratta che dava luogo a sistemi totalizzanti in lotta totale l'uno contro l'altro. Ogni filosofo pretendeva di capire tutto, e costruiva su tale pretesa. Il proliferare di sistemi totalizzanti tra loro contrapposti però sta a dimostrare che si era commesso un errore di presunzione; si era preteso troppo dalla ragione, non si era realisticamente preso atto dei suoi limiti.

Occorreva allora un passo indietro, occorreva l'umiltà di partire da ciò che è davvero evidente, senza avere la pretesa di capire tutto, ma solo quel qualcosa che davvero ci si presenta come certo.

è questo che si propone di fare la fenomenologia: guardare alle cose, a ciò che è dato. La fenomenologia è inventario, descrizione paziente del dato.

Ci si sarebbe potuti aspettare che dopo il momento di inventario pazientemente descrittivo, dovesse succedere un momento anche interpretativo - fenomeno-logia potrebbe essere un discorso (logos) sul fenomeno, ma così non è: è tale la diffidenza per i rischi di astrattezza totalizzante in Husserl, non per nulla autodefinitosi un “funzionario dell'Umanità”, che egli preferì fermarsi alla fase descrittiva, rinunciando a interpretazioni, poco o tanto totalizzanti.

il dato

Non si deve però credere che il dato di cui parla Husserl, il concreto, il reale, sia il dato sensibile in senso empiristico. Anche l'empirismo ha peccato di astrattezza ideologica: ciò che è veramente dato non sono tanti atomi conoscitivi (le idee semplici di Locke o le impressioni di Hume) arbitrariamente collegati dal soggetto, ma è qualcosa di unitario, dentro cui vengono colti oggetti sia sensibili sia intelligibili.

Brentano

Elementi aristotelico-scolastici arrivano a Husserl mediante Franz Brentano (1838/1917), che si formò alla scuola di Aristotele e di Tommaso d'Aquino, e ben conosceva perciò idee come l'astrazione dei concetti universali e l'intenzionalità.

Per lui la coscienza umana è essenzialmente caratterizzata dall'intenzionalità cioè da un misterioso modo di essere al tempo stesso sé relazionandosi ad altro da sé.

l'intuizione eidetica

Ciò che è dato, offerto all'intuizione, prima di ogni intervento attivo del soggetto, sono non solo oggetti sensibili, ma anche degli eidos, delle essenze intelligibili universali: con un concetto molto vicino all'astrazione universalizzatrice di Aristotele, Husserl parla di intuizione eidetica; si tratta di un atto spontaneo, non pilotato dal soggetto, e immediato, non di un processo graduale, con cui la conoscenza umana giunge a delle essenze (ad esempio i numeri, che costituiscono il primo oggetto di riflessione di Husserl) valide non solo qui ed ora, ma universalmente, in base alle quali si possono formulare asserzioni universali e necessarie.

la visione dell'essenza è un atto originariamente offerente e quindi è l'analogo del percepire sensibile e non dell'immaginare.

l'intenzionalità

L'intuizione eidetica non è l'unico elemento di affinità con Aristotele: lo è anche il recupero, che Husserl opera grazie alla mediazione del suo maestro Brentano (vedi box a fianco), dell'intenzionalità.

Ciò che conosciuto non è più, come aveva pensato Cartesio e con lui buona parte del pensiero moderno, quello che Bontadini chiamava il dualismo gnoseologico, una rappresentazione, che arresterebbe a sé il movimento della conoscenza, lasciando la cosa rappresentata irraggiungibilmente al-di-là. Nell'atto conoscitivo è presente l'oggetto conosciuto, senza diaframmi, senza intermediari opachi.

La coscienza umana ha come caratteristica infatti l'intenzionalità, cioè l'in-tendere, il tendere-in, l'essere tesa verso altro da dé, avendolo in qualche modo presente in sé.

In ogni atto di conoscenza intellettiva c'è un atto conoscitivo (noesi) e un oggetto conosciuto (noema): tra noesi e noema non c'è diaframma, ma immediata presenza. Cioè l'atto conoscitivo non rimanda a una “x” misteriosa, come in Kant, a un al-di-là, di cui si debba fare garante, come in Cartesio, un Dio verace; l'oggetto conosciuto è intenzionalmente presente alla coscienza.

l'epoché

Che cosa differenzia allora Husserl da Aristotele? Almeno due importanti tesi:

Del primo punto abbiamo già accennato; qui possiamo aggiungere che esso è legato al secondo: se al momento di inventario descrittivo non segue quello di una sintesi interpretativa è (anche) perché Husserl non è certo della esistenza oggettiva di un mondo, di una realtà indipendente dalla Soggettività umana.

Con l'Εποχή (sospensione del giudizio, termine già usato dagli Scettici antichi) Husserl non nega l'esistenza di un mondo indipendente dalla Coscienza, ma sospende appunto il giudizio su di essa, così da “neutralizzare” l'atteggiamento naturalistico.

Con quest'ultima espressione Husserl intende denotare l'atteggiamento che gli esseri umani hanno spontaneamente nella vita quotidiana, immersi come sono nelle preoccupazioni legate alla loro sfera biologica, e secondo Husserl perciò incapaci di quell'atteggiamento davvero contemplativo che una analisi filosofica richiede.

Così la tesi di Husserl è intermedia tra

Husserl, con l'epoché, non nega né afferma, ma sospende il giudizio.

la Crisi delle scienze europee

Husserl affrontò questo tema nella ultima fase della sua riflessione (l'opera La crisi delle scienze europee apparve postuma nel 1954).

La sua tesi è che le scienze, da Galileo in poi, pur avendo raggiunto obbiettivi importanti e positivi, hanno avuto il torto di costituirsi in antitesi al mondo-della-vita, che è stato sospinto talmente in secondo piano da perdere di fatto una reale dignità culturale.

Le scienze moderne infatti si sono costituite su base matematica, e procedendo con crescenti astrazioni: ciò è lecito finché si ricorda che il mondo su cui la scienza lavora è una astrazione, un settore, uno spicchio di una realtà totale ben più vasta di quello che la scienza riesca ad oggettivare. Invece si è fatto come se la scienza esaurisse tutto l'essere, e così si è appunto dimenticato che, anteriormente alla scienza, con i suoi procedimenti astratti, esiste la vita, la concretezza esistenziale, che è collocata in un mondo, il mondo-della-vita (Lebenswelt), che è l'unico mondo davvero reale.

Non si tratta allora di rifiutare la scienza, né la tecnica, ma se si vuole uscire dalla crisi in cui versa la vecchia Europa, occorre che il sapere torni a guardare in faccia anzitutto al Lebenswelt, al mondo della vita, non esaurientemente oggettivabile dal sapere scientifico, e di esso si faccia anzitutto carico.

Per un giudizio

Molto apprezzabile è l'esigenza di realismo: guardare alla realtà così come ci è data, oltre le allucinate presunzioni delle filosofie totalizzanti ottocentesche, che tanti danni avrebbero fatto nella storia del '900 (comunismo, nazismo e simili utopie, che tagliano i ponti con la realtà).

Apprezzabile la riscoperta dell'intenzionalità, che è merito peraltro anche del suo maestro, Brentano, e del coglimento di essenze universali a partire dall'esperienza: con queste due tesi Husserl supera secoli di dualismo gnoselogico, con la sua concezione meccanica della conoscenza, e di oblio dell'astrazione, che aveva accumunato empirismo e razionalismo innatistico, per cui l'universale o è già innato in noi, o non potrà mai più essere colto.

Husserl non è interessante (solo) perché abbia ripreso la Scolastica: il suo è (anche) un apporto nuovo e originale, di cui una filosofia che voglia essere completa dovrà tener conto; l'analisi fenomenologica è un arricchimento di cui bisogna essere grati, come avrebbero ben capito Edith Stein e Karol Wojtyla.

Inaccettabile è invece l'epoché e la svolta trascendentale: non è vero che occorra sospendere il giudizio sull'esistenza di un reale extramentale; tale esistenza si impone immediatamente, è un dato originario, e tra i più basilari che si diano alla nostra conoscenza.