Ludwig Feuerbach

il riscatto sociale tramite un materialismo collettivista

🪪 Cenni sulla vita

Nella formazione di Feuerbach rivestì importanza lo studio della teologia (ad Heidelberg, poi a Berlino, dove sentì lo stesso Hegel). Conobbe Schleiermacher e all'inizio fu hegeliano: come documenta la sua tesi di laurea De ratione una, universali, infinita e l'opera Pensieri sulla morte e l'immortalità, del 1830.

Le sue idee gli impedirono di accedere alla carriera universitaria. Forte fu in lui la componente di un umanesimo collettivistico di impronta però nettamente atea: la solidarietà con i poveri e gli sfruttati assume in lui i tratti di una missione rivoluzionaria, peraltro limitata (come gli rimprovererà Marx) alla dimensione teorica di presa di coscienza.

📔 Opere principali di Ludwig Feuerbach

titolo originale titolo tradotto anno
Zur Kritik der Hegelschen PhilosophieCritica alla filosofia hegeliana del diritto1839
Das Wesen der ChristentumsL'essenza del Cristianesimo1841
Voläufige Thesen zur Reformation der PhilosophieTesi provvisorie per la riforma della filosofia1842
Grundsätze der Philosophie der ZukunftPrincipi della filosofia dell'avvenire1843
Das Wesen der ReligionL'essenza della religione1845

pars destruens

Si può didatticamente suddividere il pensiero di Feuerbach in una pars destruens e in una costruens.

Due sono i bersagli fondamentali di Feuerbach: Hegel e la religione. Entrambi rei di collocare il baricentro della realtà fuori da quella che per la lui è l'unica realtà: la materia.

Contro l'astrattezza di Hegel

Hegel, in cui peraltro F. vede «il compimento della filosofia moderna», sbaglia sia dal punto di vista metodologico, sia da quello contenutistico.

a) Metodologicamente sbaglia, in quanto il suo è un pensiero non dialogico, ma monologico: ha sempre ragione perché elimina un confronto con gli altri; il suo è un sistema chiuso, che deduce tutto da un'idea (l'identità finale dell'Assoluto), senza davvero dimostrare ciò che dice. Ogni possibile opposizione al suo sistema è a-priori inglobata in esso, come suo necessario momento preparatorio.

b) Contenutisticamente sbaglia, in quanto attribuisce realtà allo spirito negandola alla materia, vedendo in quest'ultima nulla più che una manifestazione imperfetta di quello. Mentre la realtà vera è proprio la materia.

Così, mentre per Hegel è l'Idea, il Pensiero che produce la materia, per Feuerbach è la materia a produrre il pensiero. Mentre Hegel fa della materia un predicato del soggetto, che è il Pensiero, per F. è il pensiero ad essere un predicato del vero soggetto, della vera realtà fondamentale e originaria, che è la Materia.

l'essere è il soggetto, il pensiero è il predicato


In questo senso, nei Principi della filosofia dell'avvenire F. scrive: "il compito della vera filosofia non è quello di riconoscere l'infinito come finito, bensì quello di riconoscere il finito come non finito, come infinito; cioè non di porre il finito nell'infinito,ma l'infinito nel finito".

Contro la religione

Ma è soprattutto contro la religione che F. si scaglia, rea di impoverire la vita concreta con la aspettativa di una vita futura, ultraterrena.

1) Tutto ciò che è attribuito a Dio è tolto all'uomo, sostiene Feuerbach.

“Quanto è attribuito a Dio è tolto all'uomo” “affermare Dio significa negare l'uomo; onorare Dio, disprezzare l'uomo; lodare Dio, denigrare l'uomo. La gloria di Dio si fonda esclusivamente sull'abbassamento dell'uomo, la beatitudine divina sulla miseria umana, la divina sapienza sulla umana follia, la potenza divina sulla debolezza umana.”

“A ogni mancanza nell'uomo è contrapposta una pienezza in Dio: Dio è e ha precisamente ciò che l'uomo non è né ha. Quanto è attribuito a Dio è tolto all'uomo e, viceversa, quanto è dato all'uomo è sottratto a Dio. [...] Tanto meno è Dio, tanto più è l'uomo; tanto meno l'uomo, tanto più Dio.”

“Se vuoi avere Dio, devi perciò rinunciare all'uomo; e se vuoi avere l'uomo devi rinunciare a Dio; altrimenti tu non hai né l'uno né l'altro. La nullità dell'uomo è il presupposto dell'aver Dio un'essenza.”

E questo perché gli attributi divini (l'infinita conoscenza, giustizia, felicità, potenza, libertà) appartengono in realtà al soggetto Uomo, che si impoverisce attribuendoli a un soggetto trascendente, altro da sé. Tali attributi andrebbero predicati del soggetto Uomo, mentre vengono predicati di un soggetto irreale e lontano, Dio. Ma attribuendo a un altro quello che è proprio, non riconoscendo come suo quello che invece lo è, l'uomo si impoverisce.

Più esattamente si aliena. La religione, e il Cristianesimo in particolare sono delle forme di alienazione. Termine che F. ricava da Hegel: solo che questi riteneva che fosse lo spirito ad alienarsi, nel processo dialettico necessario, nella materia (nell'In Sè), mentre per F. è la materia (l'uomo inteso come materia, come puro corpo) che si aliena nello spirito, l'uomo si perde credendosi diverso da quello che è: è materia e si crede spirito; ha come sua unica dimora la terra, e crede che la sua vera dimora sia il cielo.

2) Ma perché l'uomo ricorre a Dio, se ciò lo impoverisce? Perché ad essere infinito (ad avere gli attributi divini di infinita conoscenza, potenza, etc.) non è l'uomo singolo, ma la collettività umana. Fin ad oggi però l'umanità non ha avuto esperienza di sè come collettività, ma è stata portata a pensare a sè in termini individualistici. Dunque l'individuo ha pensato a sè come debole, misero, non potendo fare esperienza della sua infinità, ma non potendo nemmeno estirpare da sè il desiderio di infinità, dato che questa lo costituisce nella sua più intima essenza umana. Quindi ha trasferito gli attributi di infinità nella trascendenza, in un Soggetto trascendente, altro da sè: ha proiettato su Dio ciò che non ha visto in sè. Dio nasce così nella coscienza umana come frutto del desiderio, il desiderio che almeno in un luogo sia reale quello che il cuore dell'uomo cerca, la perfezione infinita della conoscenza, della libertà, della giustizia, della felicità. Così Dio è «l'ottativo del cuore», cioè proiezione del desiderio umano.

3) Se è così, se Dio distrugge l'uomo, se la teologia distrugge l'antropologia, occorre che per liberarsi l'uomo si riappropri di ciò che è suo, occorre che la antropologia distrugga la teologia. Occorre dissolvere la teologia nell'antropologia.

è quello che sostiene Feuerbach nei Princìpi della filosofia dell'avvenire:

51. Il compito dell'età moderna fu la realizzazione e l'umanizzazione di Dio - la trasformazione e la dissoluzione della teologia nell'antropologia.

52. La forma religiosa o pratica in cui avvenne questa umanizzazione fu il protestantesimo. E il Dio che è uomo, ossia il Dio umano, è Cristo - Cristo soltanto è il Dio del protestantesimo. Il protestantesimo non si preoccupa più, come fa invece il cattolicesimo, di ciò che Dio è in se stesso, ma solo di ciò che Dio è per gli uomini; non ha quindi più, come il cattolicesimo, una tendenza speculativa o contemplativa; non è più teologia - è, essenzialmente, solo cristologia, cioè antropologia religiosa.

53. Il protestantesimo negò però soltanto in pratica il Dio in sé, ossia Dio in quanto Dio - e solo Dio in sé è un autentico Dio - e lo lasciò sussistere in teoria; Dio è, non solo per gli uomini, cioè per l'uomo religioso: è un ente ultraterreno, che soltanto lassù in cielo diventa un oggetto per l'uomo. Ma ciò che per la religione sta al di là, è, per la filosofia, al di qua; e la filosofia ha come oggetto proprio ciò che non è oggetto della religione.

54. La filosofia speculativa è l'assimilazione e la dissoluzione razionale o teoretica del Dio che la religione considera ultraterreno e non riducibile ad oggetto.

55. L'essenza della filosofia speculativa non è altro che l'essenza di Dio razionalizzata, realizzata, resa presente. La filosofia speculativa è la teologia vera, conseguente, razionale.

Ancora F. sostiene, nelle Tesi per una riforma della filosofia:

La religione cristiana ha collegato il nome dell'uomo col nome di Dio in un unico nome, quello del Dio-uomo ed ha innalzato così il nome dell'uomo ad attributo dell'essenza suprema. La nuova filosofia, secondo verità, ha trasformato questo attributo in sostanza, il predicato in soggetto. La nuova filosofia è l'idea realizzata, la verità del cristianesimo. Ma essa, proprio perché ha in sé l'essenza del cristianesimo, rinunzia al nome di cristianesimo. Il cristianesimo ha manifestato la verità solo in contraddizione con la verità. La verità senza contraddizione, quella pura e autentica, è una verità nuova - un nuovo, autonomo atto dell'umanità.

pars construens: l'umanesimo materialistico-collettivista

L'uomo, che è «l'oggetto unico, universale e supremo della filosofia», è concepito come:

a) materia, sensibile

contro l'ipocrita astrattezza dell'idealismo e della religione: l'uomo è ciò che mangia.

“il reale è (..) il sensibile. Verità, realtà, sensibilità sono identici. Solo un ente sensibile è un ente vero, reale”(32)

“il solo essere che «merita il nome di essere è l'essere del senso, dell'intuizione sensibile, dell'amore.”

La fame e la sete abbattono non solo il vigore fisico, ma anche quello spirituale e morale dell'uomo, lo privano della sua umanità, della sua intelligenza e della coscienza.

I cibi si trasformano in sangue, il sangue in cuore e cervello, in materia di pensieri e di sentimenti. L'alimento umano è il fondamento della cultura e del sentimento. Se volete far migliorare il popolo, in luogo di declamazioni contro il peccato, dategli una alimentazione migliore. L'uomo è ciò che mangia.

b) divino

l'essere divino ultraterreno (..) è stato da noi ridotto agli elementi costitutivi, fondamentali dell'essere umano.

c) essenza generica (Gattungswesen)

L'uomo è in originaria comunione con gli altri, è legato a loro, si realizza nell'amore, non in una felicità egoistica: homo homini Deus

“l'amore è passione, e solo la passione è il marchio dell'esistenza”.

“Esiste solo ciò che - sia esso reale o possibile - è oggetto della passione.”. (...) Esiste solo ciò che, essendo, ti procura gioia e, non essendo, dolore. (33)

“Ciò che non è amato e non può essere amato non esiste.(..)l'amore è il criterio dell'esistenza - è criterio di verità e di realtà. Ove non è amore non è verità. (..) Quanto più uno è, tanto più uno ama, e viceversa.”(35)

“la vera dialettica non è un monologo interiore del pensatore solitario con sè stesso, è un dialogo tra io e tu.”(62)

“La Trinità (..) è il mistero della vita collettiva, della vita sociale, è il mistero della necessità del tu per l'io; e ne deriva che nessun ente, sia che si chiami uomo o Dio, spirito o io, è da solo un ente vero, perfetto ed assoluto; che la verità è solo il rapporto e l'unità di enti consustanziali.”(63)

Le idee scaturiscono soltanto dalla comunicazione, solo dalla conversazione dell'uomo con l'uomo. L'uomo si eleva al concetto, alla ragione in generale, non da solo, ma insieme con l'altro. (...) La certezza che esistano altre cose al di fuori di me è ottenuta attraverso la certezza che esista al di fuori di me un altro uomo. Di quello che vedo da solo non posso fare a meno di dubitare: è certo soltanto quello che anche l'altro vede.

Per un giudizio

1) a) il Cristianesimo non è riducibile al desiderio umano (ne trascende le aspettative: Dio si rivela appunto come Mistero, Trinità e Incarnazione/Redenzione).
b) Comunque il desiderio di perfetta/infinita felicità a noi immanente testimonia il nostro protenderci oltre il nostro orizzonte, la nostra misura.
c) Non ha senso dire che una cosa perché è oggetto di desiderio non esiste: io ho sete, il che non toglie che l'acqua esista; ho fame, eppure il cibo esiste. E perché il desiderio di infinito dovrebbe essere diverso?

2) Come si può poi dire che l'uomo sia un soggetto divino? Da dove verrebbe allora il male? Omicidi, furti, tradimenti, liti, menzogne, complicità, incostanza, guerre, odii, crudeltà: di tutto questo è capace l'uomo. Può, un tale essere, essere Dio?

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