la Patristica

La patristica è la stagione filosofico-teologica dei primi secoli del Cristianesimo, caratterizzata dalla vicinanza al periodo apostolico e dalla santità personale dei cosiddetti Padri (della Chiesa), che ebbero perciò una grande autorevolezza sul pensiero medioevale successivo.

Cominciamo qui a parlarne, con alcuni autori; contiamo di aggiungerne a breve altri.

i Padri apologisti

Sono i Padri vissuti nel II/III secolo, impegnati, come dice il loro nome, a difendere il Cristianesimo dalle accuse che gli venivano rivolte da autori pagani; peraltro oltre a una funzione apologetica, è presente in loro anche una elaborazione razionale dell'Avvenimento.

Tra i Padri apologisti possiamo ricordare come maggior esponente S.Giustino, oltre a pensatori di minor levatura come Aristide, Taziano, Atenagora, Teofilo.

Giustino (100 ca - 160)

Prima di incontrare il Cristianesimo Giustino frequentò diverse correnti della filosofia greca: gli stoici (che però -riferisce- ignoravano Dio), gli aristotelici (un maestro dei quali lo deluse puntando solo sulla sua retribuzione), i pitagorici (da cui si allontanò per la loro pretesa di apprendere anzitutto musica, astronomia e geometria): si fece invece per qualche tempo convincere dai platonici, con la loro intelligenza delle cose incorporee. Ma alla fine mise in discussione anche il platonismo, che riconobbe inferiore al Cristianesimo soprattutto riguardo alla concezione di Dio e dell'anima.

Contrapponendosi tanto al fideismo che negava alla fede uno spessore razionale, quanto al razionalismo gnostico che ricomprendereva esaurientemente il dogma in categorie filosofiche, Giustino ritiene giusto valorizzare la cultura e la filosofia classiche, senza però farne un assoluto, bensì usandone a partire dalla visione del mondo data nella fede cristiana.

Infatti nella filosofia e nella civiltà pagana possiamo trovare dei semi di quello che nel Cristianesimo avrebbe trovato pieno compimento.

Ireneo di Lione

S.Ireneo (nato probabilmente a Smirne nel 130 ca., morto nel 202 o 203, forse martire) combatte soprattutto le eresie che negano la bontà del creato materiale, come facevano le correnti gnostiche: per lui è Dio che ha creato la materia ed essa è perciò buona.

Bisogna perseverare nell'opinione che è Dio ad aver fatto il mondo.

Tutto ciò che è stato fatto viene da Lui.

Il creato è buono, anche nel suo livello materiale, e buono è per natura l'uomo, fatto ad immagine e somiglianza di Dio, e dotato sia di intelligenza sia di libero arbitrio.

L'uomo è libero fin dal principio. Dio infatti è libertà, e a immagine di Dio è stato fatto l'uomo.

la Scuola alessandrina

Fiorisce nel III secolo. Alessandria era una città con forte comunità ebraica e poi cristiana. La vita culturale era intensa: vi insegnava tra l'altro Ammonio Sacca, un filosofo pagano di indirizzo neoplatonico. Tra i cristiani di Alessandria era diffusa la gnosi. Si deve a Clemente Alessandrino la formazione di una scuola di pensiero filosofico-teologico cristiano saldamente ortodossa.

L'impostazione di tale scuola era fortemente venata di platonismo. Anche per questo, contrapponendosi alla scuola di Antiochia, di indirizzo più naturalistico e incline al nestorianesimo, la scuola alessandrina è piuttosto vicina al monofisismo, pur senza oltrepassare la soglia dell'eterodossia.

Origene (185-254 ca.)

è l'esponente più importante della scuola di Alessandria. Desideroso di aderire fedelmente al dogma, anche se sostenne marginalmente qualche idea che poi sarebbe stata condannata, morì in seguito alla torture subite sotto la persecuazione di Decio, per non aver rinnegato la fede cristiana; fu scrittore fecondissimo (secondo S.Gerolamo scrisse 800 opere), ricordiamo tra le sue opere con maggiore valenza filosofica

La sua riflessione si incentra sopratutto attorno al Testo Sacro, la Bibbia, su cui scrisse una serie di Scolii (chiarimenti di passi difficili), di Omelie e di Commenti.

Origene in effetti fu maestro nell'esegesi simbolica, in qualche modo ne fu il fondatore.

Ci rapportiamo a Cristo mediante il suo corpo eucaristico e il suo corpo biblico; quest'ultimo è bidimensionato: come in Cristo esiste una natura umana e una divina, così nella Scrittura un senso letterale (corrispondente alla natura umana) e dei sensi spirituali, (corrispondenti alla Sua natura divina), ossia il senso

Si parte dal senso letterale, come si parte dalla umanità di Cristo, come si parte dalla realtà materiale-naturale, ma si deve giungere oltre, al senso, anzi ai sensi simbolici, come si deve riconoscere nell'Uomo Gesù il Figlio di Dio, e come nelle cose materiali possiamo vedere dei simboli dell'invisibile. Il pensiero medioevale avrebbe utilizzato per secoli tale schema, che è importante anche a livello filosofico, perché

  1. indica che il senso letterale è importante, ma non esaustivo: dunque Origene bandisce, almeno in linea di principio, quel letteralismo, che può facilmente scivolare verso il fondamentalismo e contribuisce a istituire nella cultura cristiana un sano rapporto tra fede e ragione; il testo sacro cristiano non è qualcosa da memorizzare e applicare, come altri testi sacri, ma interpella l'umana intelligenza (certo, aiutata dalla fede): deve essere interpretato;
  2. che il senso letterale sia importante, ma non esaustivo implica anche che la realtà materiale non sia negata, né vista come cattiva, ma sia da cogliere in un senso ulteriore, più profondo: la verità profonda della materia è nello spirito, le cose cioè sono dei simboli;

idee marginalmente eterodosse

Pur proclamandosi desideroso di seguire fedelmente Cristo e la Chiesa, cosa che testimoniò subendo le citate torture pur di non apostatare, Origene si trovò a sostenere tesi che in seguito la Chiesa avrebbe condannato.

Tra queste ricordiamo una certa inclinazione al subordinazionismo, per cui il Figlio sarebbe, non per natura, ma per funzione, in qualche modo inferiore, subordinato, al Padre. Nel tendenziale subordinazionismo di Origene si può vedere più un suo debito verso un platonismo non ancora ben elaborato in prospettiva cristiana, che una volontà criptoariana.

L'altra importante tesi che si sarebbe rivelata eterodossa, quella sull'apocatastasi venne formulata quando la Chiesa non aveva ancora definito dogmaticamente tale questione. In base a tale tesi Origene ipotizzava che alla fine anche il diavolo si sarebbe salvato e l'inferno perciò avrebbe avuto un termine, oltre il quale tutto sarebbe stato riassorbito in Dio.

su Origene

Interpretazioni di Origene in chiave decisamente ortodossa:

i Padri cappadoci

Nel IV secolo si sviluppa in Cappadocia una scuola filosofico-teologica molto vivace, i cui esponenti principali sono S.Gregorio di Nissa (o Nisseno), S.Basilio e S.Gregorio di Nazianzo (Nazianzeno). Quello ritenuto più filosoficamente interessante è Gregorio Nisseno.

Gregorio Nisseno (335ca. -395ca.)

Nato a Cesarea in Cappadocia, si formò alla scuola di S.Basilio, suo fratello maggiore; divenne vescovo di Nissa, dove morì.

Tra le sue tesi possiamo ricordare quella della armonia tra fede e ragione; per lui la filosofia può dimostrare molto di ciò che la fede crede, ad esempio che Dio esiste, e lo stesso mistero trinitario può essere intravisto dalla riflessione razionale (Dio non può non avere un Logos); è perciò giusto che la fede ricorra all'aiuto della ragione. Ciò senza nulla togliere al fatto che la fede va comunque oltre la ragione.

Un altro tema sviluppato da Gregorio è l'antropologia (di cui tratta nel De hominis opificio): l'uomo racchiude in sé, nella sue due componenti, materiale e spirituale, il corpo e l'anima, tanto il mondo visibile quanto quello invisibile.

Egli respinge l'idea origeniana di una preesistenza dell'anima (pur creata da Dio) al corpo: corpo e anima di un individuo umano sono creati da Dio nello stesso momento. Con il peccato l'uomo ha perso originaria “lucentezza”, come accade di uno specchio che si copra di ruggine. Conseguenza del peccato è anche la divisione sessuale, resasi necessaria per perpetuare la specie umana, divenuta, col peccato, mortale.