Friedrich Schelling

dall'idealismo al (quasi) realismo

vita (1775/1854)

Nato a Leomberg il 21 gennaio 1775, Friedrich Wilhelm Joseph entra a 16 anni nel seminario teologico di Tübingen, dove poté ricevere una completa e qualificata formazione, studiandovi tra l'altro con Hölderlin ed Hegel.

Coadiutore di Fichte, dal cui pensiero è inizialmente affascinato, a Jena nel 1798 (23 anni), nel 1799 gli subentra. A Jena conosce e sposa Carolina Schlegel (1803), dopo il suo divorzio da A.W.Schlegel. Questa scelta però gli costa l'abbandono di Jena, dove il clima si era fatto per lui pesante.

Nel 1807 avviene la rottura con Hegel, che lo attacca nella prefazione alla Fenomenologia dello Spirito. Torna a insegnare a Erlangen nel 1820. Dal 1827 a Monaco (fino al '41); dal 1841 al '47 succede a Hegel a Berlino, polemizzando contro il suo idealismo assoluto in nome della irriducibilità dell'esistenza al pensiero astratto.

Muore il 20 agosto 1854 a Ragaz, in Svizzera, dove era andato per cure.

📔 Opere principali di Friedrich Schelling

titolo originale titolo tradotto anno
System des transzendental IdealismusSistema dell'idealismo trascendentale 1800
Über Ich als prinzip der Philosophie oder Über das Umbedingte im menschliche WissenL'io come principio della Filosofia1795
Philosophische Briefe Über Dogmatismus und KritizismusLettere filosofiche su Dogmatismo e Criticismo1795/6
Ideen zu einer Philosophie der NaturIdee per una Filosofia della Natura1797
Von der WeltseeleL'Anima del Mondo1798
Erster Entwurf eines Systems der NaturphilosophiePrimo abbozzo di un sistema di filosofia della natura1799
Darstellung meines Systems der PhilosophieEsposizione del mio sistema filosofico1801
Bruno, oder das göttliche und natürliche Prinzip der DingeBruno1802
Philosophie und ReligionFilosofia della Religione1804
Philosophische Untersuchungen Über das Wesen der menschlichen FreiheitRicerche filosofiche sull'essenza della Libertà umana1809
Die WeltalterLe età del Mondo[postumo]
Philosophie der KunstFilosofia dell'arte[postumo]
System der gesamten Philosophie und der Naturphilosophie insbesondereSistema dell'intera Filosofia e in particolare della Filosofia della Natura[postumo]

evoluzione del pensiero di Schelling

Il pensiero di Schelling conosce varie fasi, nella determinazione delle quali peraltro vi sono alcune differenze tra i suoi studiosi. Accanto infatti a chi individua tre fasi fondamentali, vi è chi parla di cinque, o anche sei fasi della filosofia di Schelling.

Almeno come schematizzazione didattica ci sembra comunque possibile ricondurre a quattro i momenti principali della sua evoluzione, che traccia una parabola coerente, a partire da un idealismo che già da spazio a un fattore di oggettività della natura, fino a giungere al compiuto riconoscimento della irriducibilità del reale alla ragione umana, che deve perciò piegarsi ad accogliere la Rivelazione di Dio, non più identificato con lo Spirito (umano) ma concepito come Mistero trascendente.

1. verso l'Assoluto come Identità, partendo dal finito

In questa fase Schelling pensa che l'Assoluto coincida col finito (cioè con l'identità di spirito e natura).

Per giungere alla certezza dell'identità di spirito e natura, egli tenta tre vie: l'una parte dalla natura, l'altra dallo spirito, e la terza dal rapporto tra tali due poli.

a)La filosofia della natura

Questa "via" parte dalla natura per arrivare allo spirito.

Da notare che a differenza di Fichte in Schelling la natura ha una sua consistenza autonoma, senza però essere vista come meccanismo, eterogeneo allo spirito, bensì vivente organismo, retto da un'anima del mondo (WeltSeele, di matrice platonica) unificante.

L'unità della natura non è statica, ma dinamica unità di opposizione tra polarità In Von der Weltseele (1798) la natura è concepita anzitutto come attività, spontaneità creativa, produttrice di forme ed eventi

Tale attività si dualizza in una polarità di forze opposte, una negativa (repulsione) e una positiva (attrazione). Ne consegue la "storia della natura", che ha tre livelli, tre "potenze reali":

  1. quello della materia o realtà; è il livello inorganico: magnetismo, elettricità, chimismo (Schelling utilizza le recenti scoperte di Galvani, Volta, Lavoisier per elaborare una "fisica speculativa").
  2. quello della luce (automanifestazione della natura) o idealità.
  3. l'organismo o unità di realtà e idealità, il cui vertice è l'uomo.

I caratteri (polarità, finalità, unità e totalità) della natura sono fondati nell'anima-del-mondo (Weltseele), che la rende organismo unitario e teleologico. La Natura si eleva attraverso tali gradi fino a prendere compiuta coscienza di sè nell'uomo.

b)Il sistema dell'idealismo trascendentale

Questa via parte dallo spirito per arrivare alla natura.

La prima certezza, in questa prospettiva, è l'io: il problema è sapere come, dall'io, si giunga alla natura (a quello che Fichte chiamava il Non-Io), il problema è cioè dedurre il reale dall'io.

Un influsso fichtiano lo si nota anche nella motivazione per cui l'Io produce altro da sè, per cui lo Spirito si estrinseca in una Natura: il motivo è che lo Spirito si realizza solo nel finito.

Come cioè avviene? Schelling distingue due attività dell'Io:

/

un'attività reale

l'intuizione, attiva, ma inconscia, con cui l'Io produce l'oggetto finito (analogamente alla immaginazione produttiva di Fichte)

\

un'attività ideale

la riflessione, attività conscia dell'oggetto, ma che inizia sentendo l'oggetto come altro


E proprio la riflessione, per riguadagnare la consapevolezza della identità tra il soggetto e l'oggetto, tra lo Spirito e la Natura, tra ideale e reale, tra conscio e inconscio, deve percorre delle tappe, passando dal momento, inferiore, della sensazione, dove massima è la molteplicità e la passività, attraverso l'intelligenza, che raggiunge un livello di maggiore unificazione e attività, fino a giungere al momento supremo della intuizione intellettuale, che è assoluta spontaneità e unità.

c)La filosofia dell'arte

Questa via parte non da uno dei due poli, natura e spirito, da cui partivano le due precedenti vie, ma direttamente dal loro rapporto.

Nell'arte infatti si verifica quella identità tra conscio e inconscio, tra materia e spirito, che anche nella prime vie era stata cercata e che costituisce l'Assoluto.

L'arte infatti vive tale identità tanto nell'atto di produrre (un'opera d'arte) [ex parte subiecti], quanto nell'oggetto (artistico) prodotto [ex parte obiecti].

/ ex parte subiecti Nell'atto con cui l'artista crea (sia un'opera figurativa, sia della musica, sia dei testi letterari) si verifica in lui una fenomeno di sintesi tra conscio e inconscio: la genialità artistica infatti non è, da un lato, pura attività cosciente, applicazione di regole logiche, ma non è nemmeno, d'altro lato, abbandono cieco a un impulso totalmente inconscio; è piuttosto sintesi e fusione delle due componenti.
\ ex parte obiecti E anche nell'oggetto prodotto si verifica una fusione di spirito e natura: qualunque opera d'arte è infatti un che di naturale (i colori, il marmo, i suoni, le parole che vengono pronunciate o scritte) in cui però rifulge in modo speciale lo spirituale: è una natura spiritualizzata, ovvero dello spirito naturalizzato. E' una natura in cui è stato infuso dello spirito, o in cui l'artista ha fatto rilucere ed emergere in trasparenza lo spirito che in essa si celava opacamente.

2. l'Assoluto come punto di partenza: la filosofia dell'identità

Negli anni seguenti (con Bruno, oder das göttliche und natürliche Prinzip der Dinge, 1802, e Darstellung meines Systems der Philosophie, 1801) Schelling si accorge di essere, in tutte e tre le vie tentate per giungere all'identità, pur sempre partito dal finito: finito era lo spirito, da cui si raggiungeva la natura, finita era la natura che si rivelava essere spirito inconscio, finita era l'arte, rapporto tra spirito e natura.

Occorre invece partire dall'Assoluto, dall'Infinito. L'Assoluto è ora colto dalla Ragione stessa, ora identificata con l'Assoluto. Non si tratta di arrivarci, perché si è già originariamente collocati in esso. Non si passa più, come nelle tre vie precedenti, dal finito all'Infinito, ma dall'Infinito al finito.

Come? Per spiegare come l'Infinito Assoluto si esplichi in altro (anche se poi non è davvero "altro", per cui è più appropriato dire "finito"), occorre ammettere che Esso sia sì come identità di spirito e natura, attraversata però da una tensione dialettica. Non è una identità di indifferenza, come la vuole la concezione teista, statica (così sostiene nel Bruno) ma di opposizione (tra identità e indifferenza), così che l'opposizione/molteplicità sia già contenuta in Dio (mediante le idee).

Resta però la domanda: perché l'Infinito si esplica nel finito. Ed è la domanda che spingerà Schelling alla successiva fase del suo pensiero, la Filosofia della libertà.



3. la trascendenza quasi guadagnata: la Filosofia della libertà

In questa fase (segnata soprattutto da Philosophie und Religion del 1804, e dalle Philosophische Untersuchungen über das Wesen der menschlichen Freiheit, 1809) Schelling comincia a operare una distinzione tra l'Assoluto e il finito, pur non affermando ancora chiaramente la trascendenza dell'Assoluto. La domanda di partenza è quella che aveva lasciato in sospeso a conclusione della precedente fase: perché l'Assoluto, Dio, produce il finito, il mondo? La risposta viene qui cercata mediante due parola-chiave: libertà e male.

"Ogni essere può rivelarsi solo per mezzo del suo contrario: l'amore solo nell'odio, l'unità solo nella lotta": perciò "il male è stato necessario per la rivelazione di Dio" (Philosophische Untersuchungen, cit.)

Il male è ciò che demarca Dio dal finito (appartenendo solo a quest'ultimo). Ma perché esiste il male? Al riguardo esistono delle spiegazioni insufficienti: il teismo (giudaico-cristiano) e il panteismo (Spinoza). Insufficienti sono perché collocano l'origine della possibilità del male nel finito, pur contrapponendosi poi nel vederne o no la necessità.

Occorre una terza via, oltre il teismo e il panteismo: per essa Dio non è nè confuso col mondo (come nel panteismo), nè da esso totalmente separato (come per il teismo). Dio è altro dal mondo, tuttavia lo ha creato in qualche modo necessariamente.

Infatti vi è in Dio un contrasto, una opposizione tra le sue due dimensioni, Spirito e Natura: /

come Spirito (Persona) Dio è luminosa e consapevole ragione, amore "purissimo"

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ma come Natura è fondo oscuro, abissale, desiderio di essere (si veda una tesi simile in Böhme)

Perciò Dio crea per esprimere e risolvere questa sua contraddizione.

Dunque per spiegare il male non ci è dato altro all'infuori dei due principi in Dio.

Dio come spirito (l'eterno legame di entrambi) è l'amore purissimo, ma nell'amore non può mai esserci una volontà del male, e cosi nemmeno nel principio ideale.

Ma Dio stesso, per poter essere, abbisogna d'un fondamento, se non che questo non è fuori di lui, ma in lui; e Dio ha in sé una natura, la quale, benché appartenga a lui stesso, è diversa da lui. [...]

L'uomo non ottiene mai la condizione in suo potere, quantunque vi aspiri nel male; essa gli è soltanto imprestata, ed è indipendente da lui; perciò la sua personalità e ipseità (Selbstheit) non può mai elevarsi all'atto perfetto. Questa è la tristezza inerente a ogni vita finita, e se in Dio v'è una condizione almeno relativamente indipendente, anche in lui v'è una sorgente di tristezza, che non perviene pero mai a realtà, ma serve unicamente all'eterna gioia del superamento. Donde il velo di mestizia che si distende sulla natura tutta, la profonda ineluttabile malinconia di ogni vita; la gioia deve accogliere il dolore, il dolore deve essere trasfigurato in gioia.

Se in Dio il male è una possibilità, latente nel fondo oscuro della Natura divina, nell'uomo il male diviene una realtà. L'uomo con la sua caduta nel male ha introdotto una molteplicità, una separazione tra finito e Infinito. Tuttavia il male non va visto come negatività pura: esso è proteso alla Redenzione, e in qualche modo è stato necessario per affrontare esplicitamente e vincere, nella storia, quella oscura contraddizione che altrimenti sarebbe rimasta per sempre un'ombra vaga e cupa.

Così la storia è teofania, il teatro dello scontro tra i due poli, Spirito e Natura, con la progressiva affermazione della libertà sulla necessità e della razionalità sull'irrazionalità; essa è qualcosa di perfetto, benché appaia imperfetto e puramente finito.

4. Il pieno riconoscimento della trascendenza: la Filosofia positiva

In questa, ultima, fase Schelling, dopo un lungo silenzio coincidente con lo sfacciato trionfo di Hegel, suo "nemico" filosofico, afferma chiaramente la trascendenza dell'Assoluto, da lui ora pensato come Personalità libera e creatrice.

A tale soluzione egli approda, ancora, riflettendo sul male, che lo aveva anche personalmente colpito e su cui materiale gli era stato fornito dalla lettura di Böhme e di testi sulla mitologia. Il finito, permeato di male e non pienamente razionale, non può essere l'Assoluto.

Polemizzando con Hegel, Schelling distingue due tipi di filosofia:

quella negativa che concerne le condizioni di pensabilità le essenze, il quid sit
quella positiva che concerne le condizioni di realtà l'esistenza, il quod sit, non deducibile dall'essenza

L'esistenza non è deducibile, dunque spiegabile con l'essenza, come invece pensava Hegel, che si fermava alla filosofia negativa, credendo di poter tutto comprendere (panlogismo). Invece il concreto, la realtà quotidiana, storica, intessuta di limite, segnata dal male e dalla particolarità contingente, non può essere esaurita dal pensiero.

La ragione dunque si trova non negata (non si può certo definire irrazionalista l'ultimo Schelling), ma ridimensionata. Ed è in questa nuova coscienza del limite della ragione che egli riscopre nuove forme di conoscenza meta-razionale, la mitologia (che parte dal mondo naturale e giunge a Dio come Natura) e la Rivelazione soprannaturale (che parte dal mondo dello spirito e giunge a Dio come Persona, come Spirito). Egli elabora così una Filosofia della mitologia  e una Filosofia della Rivelazione.

In particolare l'ultimo Schelling si riconcilia con il Cristianesimo, anzi col Cattolicesimo.

Per un giudizio

L'idealismo, come negazione della realtà delle cose indipendente dalla mente umana, è falso. Ma Schelling dimostra l'onestà intellettuale di lasciarsi mettere in discussione dai fatti e dalle obiezioni al suo pensiero giovanile, e la sua evoluzione verso il riconoscimento del Mistero come trascendente e libero è sicuramente positiva.

📖 Testi on-line

📚 Bibliografia essenziale

Vedono Schelling come tappa verso Hegel, tra gli altri: K. Fischer e R. Kroner (op.cit.).

Sostengono invece l'originalità di Schelling, sottolineando il valore del secondo Schelling, tra gli altri:

  • E. von Hartmann, op.cit.
  • H. Knittermayer, op.cit., che celebra Schelling come il filosofo del romanticismo, che esalta l'io creatore di forme, animato dal desiderio di rivivificare universo (diverso da Hegel, unico sobrio in mezzo a tanti ebbri romantici) [AA.VV., Que.st.fil, BS, p.220]
  • Xavier Tilliette, op.cit., che propone una ampia ricostruzione bibliografico-interpretativa.