la Controriforma

uno sforzo generoso, ma “troppo umano”

Il nome

Riforma cattolica o Controriforma?

Sulla denominazione di questo fenomeno storico c'è divergenza tra gli studiosi. Il fenomeno è ciò che la Chiesa cattolica fece (pensò, disse, attuò) in reazione e in risposta alla Riforma protestante, nata come eresia ma radicatasi con successo in molte aree dell'Europa del Nord. Il problema è come si caratterizzi tale reazione: come una semplice reazione, appunto, cioè un andare-contro, un contraddire reattivo, o anche e soprattutto come movimento che precede Lutero e ha una caratteristica anzitutto positiva e propositiva?

  1. Ora, è vero che ci furono fermenti riformistici nella Chiesa (cattolica) precedenti Lutero, ma è pur vero che la curia romana resistette a lungo a tali spinte, e fu necessario lo stimolo del pericolo protestante per appianare tali resistenze.
  2. Inoltre gran parte delle cose che il cattolicesimo pensò e realizzò in risposta al protestantesimo venne concepita e realizzata con uno spirito controversistico, contrappositivo:
    • se il protestantesimo negava il libero arbitro, il cattolicesimo controriformista, per reazione, lo esaltava un po' unilateralmente, finendo col rischiare il moralismo («mi salvo se, e in quanto, sono bravo», con la mia forza di volontà);
    • se il protestantesimo negava la presenza reale nell'Eucarestia, il cattolicesimo tridentino la esaltava rischiando di scorporarla dalla totalità della Chiesa (che diventava così Corpo mistico, dimenticando che è lei il primo Corpo reale di Cristo);
    • se il protestantesimo puntava tutto sulla lettura diretta della Bibbia da parte del singolo fedele, il cattolicesimo controriformista la sconsigliava del tutto.
    • se il protestantesimo negava il culto dei Santi, il cattolicesimo tridentino lo accentuava, al punto da mettere in ombra la centralità di Cristo: si veda ad esempio la stessa struttura architettonica delle chiese barocche, in cui le tante cappelle laterali dedicate ai Santi attirano l'attenzione più dell'altare maggiore.

Perciò ci sembra adeguata, anche se per certi aspetti incompleta, la terminologia di Controriforma (cattolica).

il Concilio di Trento

Il più importante e decisivo evento della Controriforma fu il Concilio di Trento (1545 [benché convocato nel 1542] /1563).

Da notare che al Concilio di Trento il voto avvenne per testa, e non, come a Basilea e a Costanza, per nazione. L'ordine del giorno era fissato dai legati papali, come pure il programma.

Si possono distinguere tre fasi del Concilio:

  1. sotto Paolo III (45/7)
  2. sotto Giulio III (51/52), a cui seguì un parentesi tra il '52 e il '62
  3. sotto Pio IV (62/63)

un diverso punto di vista

L'imperatore Carlo V avrebbe voluto che il Concilio servisse a ricomporre la frattura tra cattolici e protestanti, ed è chiaro il perché: da buon politico gli importava la pace interna e la concordia nel suo Impero, che allora invece era lacerato dal sanguinoso conflitto interconfessionale. La scelta di Trento, in effetti, andava nella direzione di accontentare Carlo V, essendo collocata a metà tra la latinità cattolica e la Germania, (parzialmente) luterana.

papa Paolo III
papa Paolo III, uno dei protagonisti della Controriforma

Ma il punto di vista che prevalse nel Papato fu un altro: ribadire, precisandola, la verità cattolica e condannare l'eresia protestante. A tale linea concorse anche il fatto che i vescovi che parteciparono al concilio erano in schiacciante maggioranza italiani e spagnoli, poco propensi al dialogo, provenendo da zone compattamente cattoliche, mentre pochi furono i vescovi “di frontiera”: nella fase effettiva, su 70 vescovi circa i tre quarti erano italiani, poi spagnoli, solo 3 francesi e 2 tedeschi; dopo il '51, presenziarono 13 vescovi tedeschi più inviati di 4 principi protestanti; furono tra l'altro presenti anche i teologi spagnoli Soto, Melchior Cano e teologi di Lovanio.

Dunque al Concilio (per usare una terminologia politica, impropria per certi aspetti, ma efficace), prevalsero i falchi sulle colombe.

È tesi comunemente diffusa che se avessero vinto le seconde, con la scelta di dialogare coi protestanti, come auspicava Carlo V, il Concilio avrebbe dovuto lasciare in ombra le questioni dogmatiche, su cui era più difficile incontrarsi, e concentrarsi su quelle pratico-pastorali, di autoriforma della Chiesa, implicando un riconoscimento autocritico della propria effettiva condizione di indigenza e limiti concreti.

In realtà la cosa ancora migliore sarebbe stata dialogare a tutto campo, a partire proprio dalla ontologia del Cristianesimo, dalla sua essenza: che cosa è il Cristianesimo? Perché siamo credenti invece che atei (o invece che altro)? Si sarebbe allora riandati alla vera radice comune, all'esperienza di corrispondenza con un Incontro imprevedibile. E tanti problemi sarebbero stati superati. La prevalenza dei falchi impedì il dialogo, impedì di vedere che c'era qualcosa di vero e di buono anche nelle motivazioni dei protestanti.

In ogni caso, è un fatto che le decisioni del Concilio furono anzitutto dogmatiche e solo secondariamente pratico-pastorali. Quanto alle prime occorre anche dire che nei confronti del problema, centrale in quel contesto, della giustificazione, il Concilio ebbe comunque la saggezza (ispirata dall'alto, per chi è credente) di condannare non soltanto le tesi protestanti che negavano il libero arbitrio, ma anche quelle pelagiane, specularmente opposte, con la loro idea di autosufficienza del libero arbitrio. Le seconde decisioni, pratico-pastorali riconoscevano implicitamente la necessità di riforma della Chiesa.

decisioni dogmatiche

Quindi la grazia non si limita a coprire la ferita del peccato, ma la sana, la guarisce dal profondo e fa dei credenti delle umanità nuove, in cui si può sperimentare una, iniziale e mai del tutto compiuta ma in ogni caso reale, liberazione dal male. E per salvarsi perciò non basta la sola fides, occorrono anche le buone opere.

decisioni pratico-pastorali

i nuovi ordini

Se Il Concilio di Trento rappresenta la dimensione istituzionale della Controriforma, vi fu poi la dimensione carismatica, spontanea, dal basso, esprimentesi soprattutto nei nuovi ordini religiosi che nacquero nel periodo controriformistico. Tali ordini furono quasi tutti (con l'eccezione più significativa dei carmelitani scalzi, riformati da Giovanni della Croce e Teresa d'Avila) ordini di vita attiva: se il protestantesimo predicava la corruzione della natura umana in seguito al peccato originale e l'impossibilità di compiere buone opere, questi ordini dimostravano con la loro vita che è possibile una carità operosa.

Così troviamo, tra gli altri:

Ma l'ordine che forse più di tutti rappresenta l'essenza della Controriforma fu la Compagnia di Gesù.

la Compagnia di Gesù

il fondatore

S.Ignazio di Loyola
S.Ignazio di Loyola

S.Ignazio (1491/1556) di Loyola: ardente e volitivo, si convertì durante la malattia a Monserrat. Nello spirito militare in cui si formò, mentre la sua Spagna raggiungeva l'apice del suo splendore (politicamente con Carlo V e Filippo II, e le colonie immense; culturalmente: drammi e romanzi, vi veda ad esempio Cervantes, 1547/1616), concepì nei suoi ne puoi cercare il testo sul nostro sito eTextsEsercizi spirituali Cristo come un generale che guida il suo esercito.

Studiò a Parigi (fino al '35) e raccolse una cerchia di studenti; a Roma progettò l'ordine, che sarà approvato dal Papa nel 1540, la Compagnia di Gesù.

tratti essenziali

il fine
E' la Gloria di Dio (in uno spirito di dedizione militare al Re), mediante la diffusione della fede, tra credenti, eretici ed infedeli.
la formazione dei membri
Comportava la valorizzazione della singola personalità (che deve sbrigarsela da solo: non più legato ad una vita comunitaria dai ritmi fissi), ma dentro una rigida obbedienza (perinde ac cadaver), con una perfetta padronanza di sé.
il metodo
Un forte accento sull'attività umana (prega come se tutto dipendesse da Dio, agisci come se tutto dipendesse da te), sulla volontà; ferrea disciplina, con il 40 voto di speciale obbedienza al papa.
campi di azione

Per un giudizio

limiti 😧

Come abbiamo visto sopra il cattolicesimo “tridentino” (cioè ispirato al Concilio di Trento, al suo spirito) ha avuto il grande limite di essere animato da uno spirito controversistico.

In particolare l'ossessione di contrapporsi al protestantesimo (e al suo soprannaturalismo), l'ossessione di negare il negativo piuttosto che affermare il positivo, o meglio riconoscere il Positivo, l'imprevedibile Positivo che è l'Avvenimento, ha portato la Chiesa tridentina a proporre l'esperienza cristiana in termini spesso riduttivamente naturalistici (=esattamente antitetici al soprannaturalismo protestante); ossia in termini di razionalismo (conoscitivo) e di moralismo (pratico): come se la vita cristiana fosse applicare, con la propria (buona) volontà (moralismo: tendenziale pelagianesimo), quello che si è capito, che è poi tutto quello che c'è da capire (razionalismo: assenza di senso del mistero).

In tale slittamento naturalistico una parte importante l'ha avuta l'interpretazione moderna (data da teologi come il Gaetano) di Tommaso d'Aquino, il neo-tomismo.

pregi 😃

Nonostante tale non piccolo limite di impostazione (culturale) la stagione tridentina ha comunque visto non pochi grandi Santi, come S.Giovanni della Croce, Santa Teresa d'Avila, S.Ignazio di Loyola, S.Camillo de Lellis e tanti altri, testimoniare la bellezza del Cristianesimo.

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La Controriforma

Il Concilio di Trento

Al Concilio di Trento

La spiritualità dei gesuiti

📚 Bibliografia essenziale

🎬 Filmografìa

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