Gottlob Frege

🪪 Cenni sulla vita

Gottlob Frege (1848-1925), logico, filosofo e matematico tedesco. Pur essendosi direttamente occupato essenzialmente di logica e di matematica ha svolto una funzione molto importante nella filosofia del XIX secolo, avendo stimolato tanto la riflessione di Russell e Wittgenstein, quanto quella della filosofia analitica, ossia dell'indirizzo filosofico nettamente predominante nel mondo anglosassone, per gran parte del '900 fino ai nostri giorni.

Studiò a Jena e a Gottinga, e a Jena insegnò dal 1879 al 1918.

📔 Opere principali di Gottlob Frege

titolo originale titolo tradotto anno
Begriffsschrift, eine der arithmetischen nachgebildete Formelsprache des reinen DenkensIdeografia, un linguaggio formalizzato del pensiero costruito sul modello dell'artimetica1879
Über die wissenschaftliche Berechtigung einer Begriffsschrift1882
Die Grundlagen der ArithmetikFondamenti dell'aritmetica1884
Über Sinn und BedeutungA proposito di senso e significato1892
Grundgesetze der ArithmetikPrincipi dell'aritmetica1893-1903

pensiero

Il suo programma può, dal punto di vista filosofico, riassumersi in due direttrici:

  1. logicizzare la matematica
  2. matematizzare la logica

la logicizzazione della matematica

Frege si interessò del problema del fondamento della matematica, cioè della domanda su che cosa si basi la nostra convinzione che gli asserti della matematica siano affidabili.

Semplificando molto si potrebbero distinguere due grandi possibilità di risposta:

Frege ha percorso la seconda strada, cercando di ricondurre esaurientemente la matematica e i suoi asserti alla logica. Per fare ciò con l'aritmetica egli ricorre ai concetti di «classe» (ossia di insieme) ed di «equinomerosità» (ossia di corrispondenza biunivoca): i numeri naturali sono classi, e ogni numero può definirsi come «la classe di tutte le classi equinumerose» a quel dato numero; ad esempio il 2 è la classe di tutte le coppie (come “due mele”, “due nuvole”, “due brani musicali”), il 3 è la classe di tutti i “terzetti” (come “tre minuti”, “tre mele”, “tre gabbiani”); ogni numero dunque è una «classe di classi», una pluralità di pluralità.

In ciò secondo alcuni egli avrebbe avuto come precursore Leibniz; certamente il suo tentativo trovò critiche ma anche interesse in Russell e Whitehead.

In effetti Russell gli rivolse una obiezione, che Frege accolse come tanto seria da far vacillare il suo progetto logicista, l'obiezione del (la classe di tutte le classi che non appartengono a sé stesse, appartiene a sé stessa? Comunque si risponda si incorre in una contraddizione), che evidenzia il limite di un progetto logicista non sufficientemente elaborato. Ma per Russell tale paradosso non avrebbe dovuto spingere ad abbandonare il programma logicista, bensì ad affinarlo.

Un colpo più duro il progetto logicista lo ricevette da Gödel, col suo teorema di incompletezza, per cui la coerenza interna di un sistema è indecidibile rimanendo all'interno del sistema stesso.

la matematizzazione della logica

è questa la parte filosoficamente più importante dell'opera di Frege: egli ha cercato di creare un sistema di segni (ideografia) che eliminassero le ambiguità in cui il linguaggio “naturale” (cioè quello che usiamo quotidianamente, quello che stai leggendo adesso, ad esempio in questa pagina web) inevitabilmente cade: si tratta di spezzare il dominio della parola sullo spirito umano.

Perseguì, in qualche modo in continuità coi progetti leibniziani di una characteristica universalis e di un calculus raciocinator, l'elaborazione di un linguaggio interamente formalizzato: in esso alla predicazione aristotelica come rapporto tra un soggetto e un predicato, più legata al linguaggio naturale, sostituì una funzione proposizionale, dove in pratica al soggetto corrisponde un argomento, posto tra parentesi, e al predicato una funzione posto fuori dalle parentesi. Ad (negli esempi che seguono non seguiamo strettamente la notazione proposta da Frege, ma una leggermente diversa, attualmente prevalente, e che ne rispetta totalmente l'intenzione):

T(g) = Giovanni (indicato con g) è torinese (indicato con T)
C(p) = Pietro (in questo caso p) corre (C)
nota bene
è arbitrario definire quale valore attribuire alle lettere (sta a chi la formula stabilire che in quella funzione ad esempio che p stia per Pietro oppure per i palermitani o quant'altro).

saturo -insaturo

Frege riteneva che la funzione (è torinese o corre) da solo fosse qualcosa di insaturo, mentre l'argomento (negli esempi: Giovanni o Pietro) qualcosa di saturo, o comunque (nel caso di argomenti indeterminati, come variabili) indispensabile alla saturazione del discorso.

i quantificatori

Importanza riveste anche la sua introduzione dei quantificatori: quello esistenziale (∃) e quello universale (∀), che permettono di specificare se le variabili che vengono utilizzate vadano riferite a tutti gli elementi di una classe (∀), o solo ad alcuni (∃). Esempio:

∃x(U(x) ∧ B(x)) = ci sono alcuni oggetti (∃x) che sono uomini (U(x)) e (∧) sono bianchi (B(x)) = alcuni uomini sono bianchi

∀x(U(x) ∧ M(x)) = tutti gli oggetti x (∀x) sono uomini (U(x)) e (∧) sono mortali (M(x)) = tutti gli uomini sono mortali

L'uso dei quantificatori, secondo Frege, ma secondo un po' tutta la filosofia analitica, ha permesso di evitare una serie di errori logici, resi possibili precedentemente dalla confusione che il linguaggio “naturale” genera, nascondendo la vera struttura del pensiero.

Per esemplificare la ambiguità del linguaggio naturale, non formalizzato, un classico caso è fornito dalla della frase: «ogni ragazzo ama una qualche ragazza»; senza il ricorso ai quantificatori tale proposizione può significare due cose molto diverse:

  1. che tutti i ragazzi del mondo amano la stessa ragazza
  2. che ogni ragazzo ama una qualche ragazza (una diversa per ogni diverso ragazzo)

Solo formalizzando il discorso coi quantificatori si esce dall'ambiguità
assegnando i seguenti valori: R = ragazzo, F = ragazza, A = amare, potremo avere che

  1. ∃x(F(x) ∧ ∀y(R(y) → A(y,x)))
  2. ∀x(R(x) → ∃y(F(y) ∧ A(x,y)))

senso e riferimento

Nell'opera del 1892 Frege tematizza la distinzione tra Sinn, senso e Bedeutung, che viene tradotto in molti modi: significato, denotazione, estensione, ma che noi tradurremo con riferimento.

Il rapporto è spiegato a due livelli:

a livello di nome proprio

Un nome proprio (espressione con cui Frege non intende solo sostantivi, singole parole, ma anche espressioni composte da più termini) ha un senso (concettualmente esprimibile), ad esempio stella del mattino o stella della sera, ma ha anche un riferimento: nel caso dell'esempio fatto Venere; l'oggetto realmente esistente Venere è conosciuto come stella del mattino o come stella della sera.

Come si vede dall'esempio due espressioni diverse stella del mattino e stella della sera hanno due diversi sensi, ma lo stesso riferimento (Bedeutung); così come l'autore dei Promessi Sposi e l'autore dell'Adelchi sono due espressioni con due diversi sensi, ma identico riferimento (Alessandro Manzoni).

a livello di proposizione

Se il riferimento (Bedeutung) di un nome proprio è l'oggetto denotato, quello di una proposizione (infatti le domande, i comandi, le esortazioni non hanno valore di verità: non possono essere vere o false) è il suo valore di verità, che può essere solo Vero o Falso.

Il senso (Sinn) di una proposizione Frege lo chiama pensiero (intendendo ciò che è pensato, concettualizzato in quella proposizione).

Frege ritiene che occorra una complementazione dei due aspetti, senso e riferimento:

l'importante, per una proposizione, non potrà mai essere il suo solo riferimento. Ma d'altra parte, nemmeno il puro pensiero produce qualche conoscenza; ciò che la produce è il pensiero insieme con il suo riferimento, ossia con il suo valore di verità. [1892, §5]

corrispondenze
senso (Sinn) riferimento (Bedeutung)
intensione estensione
connotazione denotazione

Per un giudizio

Da una parte Frege può essere visto come un pensatore fondamentalmente onesto, che -per lo più - fa pazientemente i conti con l'effettivo modo umano di pensare, cercando di rigorizzarlo.

Positivo è il fatto che egli richiami da un lato a una oggettività esterna al pensiero (quella che nell'articolo del 1892 chiama la Bedeutung, il riferimento), e dall'altro ammette la possibilità e l'importanza del pensiero come capacità di cogliere (con il Sinn) leggi universali.

Non positivo ci sembra il fatto che il legame tra esperienza e pensiero, pur non espressamente tematizzato in modo sistematico, appaia più nei termini -come dire?- di una complementazione parallela, che di una fontalità originante. In questo senso Frege sostiene un concetto di analicità (non tautologica) dei giudizi universali che sembra prescindere da un loro riferimento al sensibile: non si riesce a vedere per quale recondito motivo ciò che ha una consistenza indipendente dal pensiero debba per forza (...) risultare in grado di agire (...) sul senso., Leggi fondamentali dell'aritmetica, prefazione.

Inoltre nel suo pensiero sembra essere implicito quello che in Russell e in Wittgenstein diventerà l'atomismo logico, la, almeno implicita, convinzione