lo scetticismo antico

la sconsolata impossibilità di un vero oggettivo

Lo scetticismo antico venne fondato Pirrone di Elide.

Pirrone

Visse tra il 365 a.C. ca. (nacque a Elide) e il 275 a.C. ca.; pare abbia avuto come maestri il socratico Fedone e alcuni megarici (da cui probabilmente prende un certo accento eleatico); conobbe anche il democriteo Anassarco.

Fondò una scuola, tornato in patria dopo aver seguito Alessandro Magno in Persia, ma non scrisse nulla; il suo pensiero ci è stato trasmesso dal suo discepolo Timone di Fliunte (325/235).

Per Pirrone ci è impossibile conoscere la natura delle cose: qualunque tesi noi possiamo formulare, credendola vera, può essere con validi argomenti contraddetta. In un certo senso perciò tutte le tesi si equivalgono, il che pare sottintenda il pensiero (vicino all'eleatismo) che non ci sono reali differenze tra le cose, che tutta la realtà sia solo apparentemente diversificata, ma che in realtà sia un che di indifferenziato.

Di conseguenza Pirrone predicava l'astensione da qualsiasi opinione determinata (adoxia) e la rinuncia ad esprimersi (afasia) ovvero sostenne l'epoché.

La conseguenza sul piano etico di questa gnoseologia scettica fu l'indifferenza verso qualsiasi realtà, quindi la liberazione dalla passioni, che ci fanno attaccare ad alcune cose e fuggire da altre, cioè predicò, come gli stoici la apatheia.

Arcesilao

Esponente, in realtà, della Media Accademia (platonica) egli ebbe indirizzo scettico.

Visse tra il 315 a.C. e il 241 a.C., originario di Pitane, e fu scolarca dell'Accademia platonica dopo Cratete.

Il suo scetticismo è attenuato rispetto a quello di Pirrone: se infatti è vero che non si può giungere con certezza ad alcuna conclusione definitiva (e in ciò si è visto un riferimento ai primi dialoghi platonici), né basandosi sui sensi né basandosi sulla ragione, per cui bisogna sospendere il giudizio (epoché), si può però adottare praticamente come convinzione da seguire quella più probabile, ossia quella più ragionevole (éulogon). Perciò il suo venne anche chiamato probabilismo.

Carneade

Di Cirene, visse tra il 214 a.C. e il 129 a.C.. Anche per lui la certezza è impossibile, perché non esiste criterio di verità (non lo sono né i sensi né la ragione), per cui anche per lui bisogna sospendere il giudizio.

Pare, in particolare, che egli criticasse la concezione stoica di Provvidenza, che vedeva smentita dalla presenza nel mondo del male.

Negò anche la possibilità di determinare degli assoluti in ambito etico, e in tal senso fece scalpore una suo esercizio dialettico in cui dapprima affermava e poi negava l'idea di giustizia.

Enesidemo

Di Cnosso, 80 a.C. ca./10 a.C. ca. Insegnò ad Alessandria d'Egitto, inizialmente legato all'Accademia platonica, quando però questa abbandonò lo scetticismo di Arcesilao e Carneade se ne allontanò, riprendendo le tesi di Pirrone. La sua opera principale sono i Ragionamenti pirroniani.

Con Pirrone ritenne che su ogni argomento potessero tenersi discorsi contrastanti e che al saggio convenga sospendere il giudizio (epoché).

Elaborò poi Il primo modo è quello secondo il quale per la differenza fra gli animali non si hanno uguali rappresentazioni dalle stesse cose. è naturale che disuguaglianze e diversità... producano grandi contrasti di affezioni... e grandissima discordia di rappresentazioni. E se le stesse cose appaiono dissimili per la diversità fra gli animali, potremo anche dire quale appaia a noi l'oggetto ma sospenderemo il giudizio su quale sia esso in realtà. Poiché non potremo essere noi giudici delle rappresentazioni nostre e di quelle degli animali, essendo noi stessi parte in causa, e per ciò più bisognosi di un giudice, che capaci di giudicare.
Il secondo modo(...)deriva dalla differenza fra gli uomini. Perché se anche per ipotesi si conceda che siano più credibili gli uomini delle bestie, troveremo, a causa delle differenze che esistono fra di noi, indotta una sospensione del giudizio. Delle due parti di cui si dice che l'uomo sia composto, l'anima e il corpo, per ognuna di queste differiamo fra noi(...)Perciò anche nel desiderare e fuggire le cose c'è molta differenza(...)e della grande, anzi infinita differenza fra le menti degli uomini è massima prova la discrepanza fra le affermazioni dei dogmatici(...)anche riguardo a cosa si debba cercare o evitare(...)anche per questo sarà indotta la sospensione del giudizio. .
(...)esaminiamo il terzo modo(...)proveniente dalla differenza fra le sensazioni. Che differiscano fra loro le sensazioni è evidente: le pitture alla vista paiono aver rientranze e sporgenze, non certo al tatto. Il miele appare gradevole alla lingua per alcuni, sgradevole agli occhi.... Perciò quale sia in realtà ognuna di queste cose, non possiamo dire; possiamo dire quale ci appaia di volta in volta.... E non riuscendo i sensi a comprender gli oggetti, neppur la mente ci riesce. Sicché anche per questo discorso pare concludersi la sospensione sugli oggetti esterni.
(...)prendiamo anche il quarto modo, detto delle circostanze(...)nei casi dello stato naturale o innaturale, della veglia e del sonno, dell'età, del muoverci o star fermi, dell'odiare o amare, affamati o sazi, ubriachi o astemi, delle predisposizioni, dell'aver coraggio o paura, dolore o gioia. Essendoci così grandi disuguaglianze(...)è forse facile dire quale appaia ciascun oggetto, non quale sia.
Il quinto modo riguarda le posizioni, intervalli di tempo e luoghi, poiché per ognuno di questi le stesse cose appaiono differenti. Per esempio lo stesso portico visto da un'estremità pare restringersi, visto stando a metà sembra tutto uguale(...) lo stesso remo, immerso in parte in acqua sembra spezzato, visto fuori dell'acqua sembra diritto(...)il collo di una colomba, se diversamente inclinato, sembra di colore diverso. Siccome tutti i fenomeni si vedono in un luogo, in un intervallo, in una posizione(...)siamo costretti anche da ciò ad arrivare alla sospensione.
Il sesto modo riguarda le mescolanze: (...)poiché nessun oggetto si coglie in sé stesso, ma almeno con altro, si può ben dire qual è la mescolanza dell'oggetto con ciò che viene percepito insieme; ma non quale sia l'oggetto in sé (...)
Il settimo modo riguarda le quantità e costituzioni degli oggetti, intendendo per costituzioni le composizioni(...)per esempio, i granelli di sabbia, presi a uno a uno, paiono ruvidi, messi in un mucchio danno impressione di morbidezza. Così il rapporto di quantità e costituzione confonde la percezione degli oggetti.
L'ottavo modo è quello della relazione(...)Questo si dica in due sensi: rispetto al giudicante e rispetto alle cose percepite insieme. Che tutto è relativo s'è già detto, rispetto al giudicante, che tutto appare relativo a un dato animale, a un dato uomo, a un dato senso, a una data circostanza; rispetto alle cose percepite insieme, che tutto appare relativo a una data mescolanza, località, composizione, quantità, posizione.
Del nono modo, della continuità o rarità degli incontri, diciamo questo: il Sole è certo molto più impressionante di una cometa; ma poiché vediamo continuamente il Sole e raramente una cometa, noi dalla cometa siamo colpiti tanto da crederla un segno divino, mentre dal Sole non siamo per niente impressionati(...)possiamo anche dire quale ci appaia ciascuna cosa a seconda della continuità o rarità degli incontri, ma non quale sia, nudo e crudo, ciascuno degli oggetti esteriori.
Il decimo modo che attiene specialmente ai fatti morali, riguarda l'educazione, i costumi, le leggi, le credenze mitiche e le opinioni dogmatiche(...) Non possiamo dire quale sia di sua natura un oggetto, ma quale appaia a seconda dell'educazione, della legge, del costume ecc. Anche per ciò dobbiamo sospendere il giudizio sulla natura della realtà esterna.
(dagli Schizzi pirroniani di Sesto Empirico)
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In etica sostenne un ideale di atarassia.

Sesto Empirico

Fu l'ultimo degli scettici antichi, vissuto alla fine del II sec. d.C.; l'epiteto empirico gli viene dal fatto che, medico, riteneva impossibile conoscere la causa delle malattie. Scrisse degli Schizzi pirroniani, un trattato Contro i dogmatici e uno Contro i matematici, che ci sono utili anche per la conoscenza delle idee da lui avversate.

Ritenne impossibile conoscere le cause delle cose, tanto più se si tratta di cause invisibili (criticò la pretesa teologia stoica), ma anche la materia nella sua struttura profonda ci sfugge (contro gli epicurei).

Ammise tuttavia che conosciamo con certezza l'esistenza della realtà, che pure ci è sconosciuta nelle sue cause e nella sua natura profonda. Pare fosse consapevole che uno scetticismo affermato con rigore assoluto si autodistrugge, come aveva osservato Aristotele, ripreso da Antioco di Ascalona.

In ambito etico il suo atteggiamento fu più moderato di Pirrone e di Enesidemo, perché non pretende di azzerare completamente le passioni, ma si limita a consigliare di moderarle e in genere ritiene ragionevole seguire le indicazioni della morale comune.